di Giuseppe Carroccia
Chi ha avuto lo stomaco per seguire l’intera, vomitevole e olioricinica conferenza stampa delle dimissioni di Renata Polverini, può essersi fatto una idea della sottocultura politica berlusconiana, sostanzialmente fascista, che ha mal governato la capitale e la regione.
Da Storace che ha saccheggiato in maniera clientelare le finanze regionali stendendo la sanità per poi approdare al ruolo di ministro della salute, nonostante che in campagna elettorale avesse spergiurato negando che avrebbe ricoperto incarichi nazionali, al disastro della gestione Alemanno costellata di scandali, fallimenti, finanziamenti a organizzazioni neonaziste, a quest’ultima abbuffata regionale, un unico filo nero ha strangolato la vita sociale, l’attività economica, la democrazia.
Non si è trattato di una semplice parentopoli(che pure c’è stata), chiamiamola col suo vero nome:fascistopoli.
L’ex governatrice cerca di salvare la giunta scaricando sul consiglio regionale tutte le responsabilità rispolverando la tesi mussoliniana della donna della provvidenza tradita dai collaboratori nell’aula sorda e grigia, benché piena di ostriche.
Ma il lascito della sua giunta sono tagli allo stato sociale, ai servizi essenziali, assecondando nel modo peggiore i voleri dei poteri forti nazionali e europei, nessuna politica per salvaguardare l’occupazione, il saccheggio del territorio con il devastante piano casa e la speculazione sull’agro romano, l’abbandono di qualsiasi idea di trasporto pubblico, privatizzazioni come quella tentata per l’acea col sodale Alemanno nonostante l’esito referendario sull’acqua pubblica.
La verità è che ha cercato di evitare fino all’ultimo le dimissioni; poi le gerarchie vaticane hanno gettato la spugna e l’udc ha staccato la spina.
Ora mentendo e buttandola in caciara come sempre fanno i fascisti imbratta i muri della capitale con manifesti che urlano li ho mandati a casa, ma come raccontava ieri il consigliere a lei più vicino in una intervista a Repubblica ha sentito montare contro di se la giusta rabbia popolare, quella che ha fatto scrivere a qualcuno davanti alla sede della sua lista civica: a casa sta mignotta.
E’sbagliato scendere allo stesso livello volgare che ha contraddistinto l’intera semilegislatura della ex sindacalista ugl e di cui in conferenza stampa si sono avuti parecchi esempi. Sembrava più un reality, un grande fratello che un passaggio istituzionale molto delicato con un vuoto politico pericoloso come denunciava sobriamente Emma Bonino.
E poi anche l’ultima prostituta ha più stile e dignità di quello mostrato finora dalla Polverini.
Peggio di lei c’è solo il governatore della Lombardia, ma quello è un maschio di Comunione e Liberazione e perciò le gerarchie vaticane sono molto più tolleranti.
Alfano invece di fare di tutta un erba un fascio proponendo la non ricandidatura di tutti i consiglieri del Lazio, facesse dimettere la giunta Formigoni.
A testa alta, come ripeteva ossessivamente Renatina accanto all’imbalsamato Ciocchetti , possono andarci solo quelli che si sono opposti in consiglio e nella regione alla politica dei sodali di Forlito e Abbruzese, non chi stava nella stessa maggioranza.
Possono andarci i consiglieri della Federazione della Sinistra che hanno sostenuto tutte le lotte dei lavoratori e dei cittadini in difesa del lavoro e dei territori e che hanno cercato di contribuire alla moralizzazione della istituzione regionale tra l’altro promuovendo un referendum per l’abolizione dei vitalizi.
I politici, i partiti non sono tutti uguali. Diciamolo con forza, non facciamoci fregare ancora da questi nuovi fascisti.
Solo chiarendo questo senza tentennamenti possiamo cominciare a ragionare su come costruire una nuova stagione politica facendo tesoro degli errori del passato che sicuramente anche a sinistra ci sono stati.
Sarebbe bene che i dirigenti del Partito Democratico ad esempio si interrogassero su quanti danni ha fatto alla democrazia e ai principi costituzionali la scelta ultramaggioritaria e presidenzialista che stanno perseguendo da vent’anni.