di Nicola Melloni (Londra)
Personaggio sempre intrigante questo Marchionne. Per un paio d’anni ci ha rintronato con la retorica sulla modernità, lui ci metteva la faccia, voleva investire – addirittura! – 20 miliardi, non chiedeva aiuti di Stato, voleva solo che i lavoratori rinunciassero ad un po’ di diritti per riempire le tasche degli azionisti FIAT. E va beh, dici, il classico manager americano, uno sfruttatore ma porta un po’ di sano (mica tanto) liberismo. Sbagliato:
la FIAT ai tempi di Marchionne prendeva soldi dallo Stato in Polonia, in Serbia ed in Brasile, altro che uomo del mercato. Non parliamo della baraccata di soldi presi in USA, vantandosi poi di aver rimesso in piedi Chrysler – sì, coi soldi di Obama. Ed ora, quando il piano da 20 miliardi si è sciolto come neve al sole, ecco il Marchionne che batte cassa: “l’auto funziona dove ci sono aiuti di Stato”.
A parte il fatto che non è vero – basta guardare la Germania – eccolo qua il manager moderno: non è capace di competere ed allora ciuccia i soldi dello Stato, cioè dei contribuenti – categoria, è giusto ricordarlo, a cui Marchionne non appartiene, pagando le tasse (poche) in Svizzera.
Il nostro però non si accontenta di chiedere soldi, dispensa anche perle di saggezza mischiate ad avvertimenti in stile mafioso. FIAT rimarrà in Italia ma solo se il paese si modernizza, e cosa questo voglia dire per Marchionne lo sappiamo già: più sfruttamento del lavoro. E comunque in 5 ore di colloquio Monti non è riuscito a strappare una garanzia che sia una, dimostrando per altro di quale modesta caratura stiamo parlando.
Ma il problema di fondo di Marchionne lo avevamo già identificato due anni fa: questo signore non è un industriale, non è neanche un manager, è un finanziere e di conseguenza si comporta. Antropologicamente non ha la capacità di comprendere cosa sia la produzione di merci. Non ha la minima idea di cosa voglia dire fare industria di cosa siano i saperi costruiti nel corso di decenni, di cosa sia il capitale umano. Pensa infatti che i lavoratori siano solo merce da spremere e poi buttare.
Per lui il capitale è liquido e si muove, non può capire le lentezze strutturali dell’industria. Il denaro non ha storia, l’impresa si.
Economicamente non è in grado di comportarsi da industriale. Il capitalismo di Schumpeter era, è, quello della distruzione innovatrice, ogni crisi porta ad un rinnovamento e l’industria è come un’Araba Fenice che risorge dalle sue ceneri. E dunque i veri capitalisti investono in innovazione anche e soprattutto nei momenti di crisi, ed infatti Volkswagen e la maggior parte delle altre case automobilistiche in questi anni hanno investito in nuovi modelli anche col mercato dell’auto in caduta libera.
Marchionne no, e lo rivendica: non si investe quando il mercato non tira. Ma questo è vero per un finanziere che blocca tutti gli investimenti finchè il mercato è in discesa, e compra solo quando il trend cambia. Come un trader di borsa, l’orizzonte temporale di Marchionne dura lo spazio di un mattino. Ottimo per tenere i conti in ordine, nel breve periodo. Ma con nessuna possibilità di rilanciare una impresa che ha bisogno come il pane di investimenti e progettualità.