121011magnetimarellidi Paola Natalicchio
È arrivato un fax, in azienda, martedì pomeriggio, targato Ministero dello Sviluppo. Una comunicazione secca, che ha freddato gli 800 operai della Pcma Magneti- Marelli (ex Ergom) di via de Roberto a Napoli, da due anni in fermo produzione. Ieri doveva esserci un atteso incontro a Roma, al Ministero, con i vertici Fiat, per capire il destino anche di questi lavoratori dell’indotto che dal prossimo luglio finiranno gli ammortizzatori sociali e vedranno iniziare i licenziamenti. Ma l’azienda si è resa indisponibile. Via fax. E dunque i lavoratori hanno ripreso le iniziative di lotta.

E ieri mattina si sono riuniti in assemblea, per poi partire in cinquanta, in delegazione, davanti ai cancelli di Pomigliano d’Arco, dove come ogni mercoledì erano in presidio i colleghi dello stabilimento in crisi. Da lì sono partiti i blocchi stradali, che sono andati avanti fino al primo pomeriggio. Per dire a gran voce che, nella vertenza Fiat, ci sono anche loro.

Alla ex Ergom si producevano i paraurti e le plance per le Alfa di Pomigliano e le Lancia Y di Termini Imerese. Ma quando è arrivata la Panda, a Pomigliano, nel 2011, tutto è cambiato. Le linee di produzione sono passate da due a una e dal FGA (Fiat Group Automobili), che impiegava 5000 operai, è nato il nuovo polo FIP (Fiat Italia Pomigliano), che ne ha assunti 2146. I tre quinti della forza lavoro in cassa integrazione per cessazione attività. Tutti gli altri, lavorano a singhiozzo per il calo di produzione. Circa due settimane al mese, con stipendi penalizzati del 40% per ogni giorno di cassa e con buste paga che, alla fine del mese, possono non raggiungere i 1000 euro. Attorno alla Panda, in Campania, non si è praticamente sviluppato indotto. La Fip, infatti, ha creato un “polo plastico” interno a Pomigliano, assorbendo circa 200 lavoratori della Magneti Marelli. I restanti 800 sono rimasti ai box per mancanza di commesse. Senza prospettive, con una cassa integrazione da 800 euro al mese e con gli ammortizzatori sociali in scadenza a luglio 2013. «L’indotto è vittima dello stesso progetto- Marchionne come tutto il resto della Fiat. Dall’arrivo della Panda è stato subito chiaro un ridimensionamento, perché il 70% della componentistica arrivava comunque dalla Polonia. Ma adesso la situazione è precipitata. Questi lavoratori sono in cassa a zero ore, non mettono più piede in azienda e non hanno prospettive. Se Marchionne non investe sul sito di Pomigliano con nuovi modelli parliamo di molte centinaia di licenziamenti in tutta la Campania»,
spiega Francesco Percuoco della Fiom Cgil provinciale. «Noi pretendiamo di essere ricevuti al Ministero come tutti gli altri. Per ogni lavoratore Fiat, ce ne sono 4 dell ’indotto che vivono le stesse conseguenze di tutti gli altri. Il caso Pcma Magneti Marelli è il più grave, perché questi lavoratori non hanno missione produttuiva e hanno la cassa integrazione in scadenza. Ma ci sono molte altre aziende in sofferenza come la Liar di Caivano, 130 lavoratori che fanno i sedili della Panda o la Magneti Marelli Sistemi Scarico, sempre a Caivano, altri 200 lavoratori, che producono le marmitte per gli stabilimenti di Cassino, Melfi e val di Sangro», continua Percuoco. «Se la Fiat cola a picco e disinveste, vanno a casa anche loro».

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