di Roberto Ciccarelli
Per il ministro dell'Istruzione il taglio di 6.400 docenti precari è «un contributo di generosità». Domani cortei in 90 città
Seimila quattrocento docenti precari perderanno il lavoro a causa del taglio di 183 milioni di euro all'indennità di vacanza contrattuale stabilito dal precedente governo e confermato dal governo Monti. Il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo ha definito questo taglio indiretto un «contributo di solidarietà» pagato dalla scuola per sostenere la legge di stabilità. A suo avviso, nella prossima fase contrattuale per i docenti e il personale si dovrà pensare ad un «modello di scuola liquida e non chiusa». Cosa questo voglia dire nella neo-lingua del ministro non è dato sapere. Ieri il titolare di Viale Trastevere ha preferito non scendere nei particolari, impegnato a discutere della «scuola del futuro» con 5 mila ragazzi al Palalottomatica di Roma.
«La scuola con i banchi di formica verde» è la storia «di un altro millennio» ha sostenuto. A dispetto dei tagli, diretti (8,5 miliardi di euro dal 2008 a oggi) e indiretti, in compenso nel prossimo ci saranno tablet e lavagne elettroniche in ogni classe. Il ministero ha impegnato 24 milioni di euro.
Come anticipato ieri da Il Manifesto, il nuovo taglio sarebbe la conseguenza dell'aumento dell'orario di lavoro degli insegnanti delle secondarie inferiori e superiori dalle attuali 18 ore a 24. Un simile aumento coinvolgerebbe anche gli insegnanti di sostegno. L'impatto che avrà questa decisione sarà quello di diminuire il numero delle supplenze, oltre che l'immissione dei docenti iscritti nelle graduatorie. Questi posti dovranno essere garantiti ai «sovrannumerari», cioè ai docenti regolarmente assunti, ma senza cattedra. «Ormai è evidente a tutti che questo governo, pur di difendere gli interessi delle banche e della speculazione finanziaria, affossa i diritti dei lavoratori e lo stato sociale - interviene Domenico Pantaleo (Flc-Cgil) - Al Ministro Profumo vorrei raccomandare di non vendere più fumo perché è responsabile del caos nel quale è iniziato l'anno scolastico e del peggioramento della qualità dell'offerta formativa». «La scuola non è un laboratorio di taglio e cucito - è intervenuto il segretario generale della Cisl scuola Francesco Scrima - non accetteremo tagli, né diretti né indiretti. Si è raschiato il barile».
Ad avere lanciato l'allarme sul nuovo taglio praticato dal governo è stato il segretario del Pd Pierluigi Bersani. « Temo di non sbagliarmi - ha detto - ma sotto la parola complicata di ingegnerizzazione ci sono tagli di posti di lavoro per gli insegnanti e si stabilisce che gli insegnanti di sostegno lavorano più ore di quelli di latino e greco. Vogliamo chiarimenti e siamo pronti ad intervenire per delle correzioni».
Sempre ieri la commissione cultura alla Camera ha approvato la «legge Aprea» dopo 4 anni di discussione. Il provvedimento che riforma la governance degli istituti è da tempo contestato dagli studenti che domani sfileranno in corteo in 90 città. «Non faremo un passo indietro - sostiene il coordinatore dell'Unione degli studenti Roberto Campanelli - fermeremo un progetto che mira a privatizzare le scuole pubbliche e cancellare i diritti degli studenti. Non ci sentiamo isolati in questa battaglia». Quest'ultima precisazione è una risposta alla Presidente della Commissione, Manuela Ghizzoni (Pd), che invece si è detta soddisfatta per l'approvazione del provvedimento che reca il nome dell'ex sottosegretario all'Istruzione, Valentina Aprea, che si è dimessa l'anno scorso.
Nel frattempo gli studenti universitari del coordinamento Link si sono messi in mutande e hanno occupato le principali sedi delle Poste a Roma, Bari, Foggia e Campobasso. Anche loro saranno in piazza domani per protestare contro uno degli aspetti più inquietanti della riforma Gelmini, sostenuto da Profumo: il prestito d'onore. La maggior parte delle banche ha aperto negli ultimi mesi linee di credito dedicate agli studenti. Poste italiane garantisce prestiti tra i mille e i 5 mila euro per studiare dalle elementari alle università ad un tasso d'interesse dell'8%. Sono i primi segnali che preannunciano la trasformazione dello studente da cliente di un servizio, come fino ad oggi è stato trattato nell'università del «3+2», a debitore delle banche, proprio com'è accaduto negli Usa, in Inghilterra o in Giappone. E questo avviene mentre il governo ha aumentato le tasse regionali per il diritto allo studio (da 93 a 140 euro) e non ha rimediato al taglio delle borse di studio di 143,5 milioni di euro. Sono questi i dati di un'economia della conoscenza in recessione da anni a spingere gli studenti a continuare la loro instancabile opposizione. Profumo si è detto disponibile ad incontrarli.
Il Manifesto - 11.10.12