di Cecchino Antonini
Ancora una proroga - ed è la terza - per gli accertamenti sulle cause della morte di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni fermato a Roma il 15 ottobre 2009 per droga e trovato morto una settimana dopo nell'ospedale 'Sandro Pertini della capitale dopo un calvario tra guardine di carabinieri, celle del tribunale, di Regina Coeli e camere d'ospedale. A fine novembre, il collegio dei periti nominati dalla III Corte d'assise nel processo che vede imputati sei medici, tre infermieri e tre agenti della Polizia penitenziaria (a vario titolo sono accusati di favoreggiamento, abbandono di incapace, abuso d'ufficio, falsità ideologica, lesioni ed abuso di autorità) depositeranno gli esiti dei loro accertamenti.
«Abbiamo provveduto a decalcificare le ossa e a rimuovere le parti molli dai reperti», ha detto in aula oggi, mercoledì 17 ottobre, il professor Marco Grandi, a capo del pool di esperti.
Tra venerdì e lunedì saranno compiuti gli accertamenti istologici che comporteranno 2/3 settimane di tempo, salvo intoppi. Per questo la richiesta di un'ulteriore proroga di 30 giorni, concessa dalla Corte. Oggi in aula l'avvocato Diego Perugini, difensore di uno degli imputati, ha chiesto alla Procura (l'esposto è stato inviato per conoscenza anche alla Corte) di verificare quanto riportato nei giorni scorsi su un sito online e su alcuni quotidiani. In particolare il riferimento è ad una serie di foto e a pubblicazioni di ampi stralci virgolettati della perizia in corso. Si chiede di verificare: se quelle immagini e quelle frasi siano effettivamente riferibili alla perizia; chi ha ritenuto «in violazione del segreto delle operazioni peritali, comunicare all'esterno i documenti» indicati; e se tale condotta «al di là delle valutazioni nel procedimento in corso, non solo sotto il profilo della correttezza processuale, concreti illiceità penale».
La Corte ha deciso il «non luogo a provvedere», motivato col fatto che «il materiale da cui presumibilmente è ricavata l'immagine pubblicata su internet è stato nella disponibilità sia dei periti nominati dalla Corte, sia dei consulenti di parte - si legge nel provvedimento - e quindi non è possibile attribuire eventuali responsabilità deontologiche ai periti medesimi». Più tardi s'è appreso che quella di Perugini non era, come diffuso da un'agenzia, una denuncia di Ilaria Cucchi, la sorella del ragazzo ucciso per aver diffuso le risultanze della riunione tra i consulenti della Corte d'assise, del pubblico ministero e della famiglia Cucchi dalla quale è emersa la convinzione condivisa dei periti dell'esistenza di una nuova frattura alla colonna vertebrale del fratello Stefano. La storia della perizia che si sarebbe accorta di una vecchia frattura e non delle lesioni sulla stessa vertebra che avrebbero rivelato un pestaggio subìto dal trentunenne.
In realtà, come ricorda la stessa Ilaria, «la mia famiglia è stata bersagliata da una campagna di stampa becera ed infamante, in occasione dei roboanti ritrovamenti delle cartelle cliniche da parte dei Pm». Una serie di scoop estivi sulla frattura pregressa, di cui Popoff ha scritto più volte, che è sembrata pilotata da Piazzale Clodio. In serata, l'avvocato Perugini chiarisce: «Non ho mai denunciato Ilaria Cucchi, che è parte offesa nel processo, portatrice di un dolore personale che io come sempre ho rispettato». E Ilaria: «Non mi aspetto sconti da nessuno ma nessuno se li aspetti da me e dalla mia famiglia su quanto accaduto a mio fratello prima e dopo la sua morte. Sono a disposizione. Una cosa è certa: non mi avvarrò mai della facoltà di non rispondere e questo non mi fermerà».
Globalist.it - 18.10.12