121018dalemadi Maria R. Calderoni
Salvate il soldato D'Alema. Forse non avrebbe mai creduto che lui, il leader Massimo, già ex "deputato di Gallipoli", già ex premier, ex ministro, ex direttore dell'"Unità", detentore di un cursus honorum tra i più eccelsi nei ranghi del Partito fin dai tempi in cui si siglava Pci; non avrebbe mai creduto che lui Massimo D'Alema, giunto a 64 anni, dopo 23 anni e 119 giorni da deputato, dovesse render conto a un Matteo Renzi qualsiasi (stranamente diventato sindaco di Firenze).
E quindi fa bene a combattere, come sta appunto facendo. Nessun diritto di rottamazione al competitor fiorentino, più che giusto. E la chiamata al Sud - il "suo" Sud - é stata la prima risposta. Non saranno i Mille, quelli che hanno sottoscritto e pagato la pagina dell'"Unità" con l'appello perché D'Alema resti in campo e soprattutto in Parlamento; ma settecento sono già un buon numero.

E a scorrere appunto l'elenco dei settecento che chiedono di preservare D'Alema quale "Bene dell'umanità", si vede che c'è un sacco di quella famosa società civile di cui si parla, e un sacco di partite Iva (per dire, imprenditori, professionisti, manager, amministratori locali).
Quella pagina come avviso ai naviganti. Avviso al Renzi, ovviamente (sullo stile del marchese del Grillo...); ma dritto dritto anche a Veltroni.
Nell'entourage dalemiano (nutrito e agguerrito dentro il Pd) il beau geste del passo indietro dell'ex sindaco di Roma, non è per niente visto (giudicato) come il cavalleresco slancio di un esempio da imitare, seguitemi numerosi, io vi ho aperto il varco.
Neanche per sogno. Se non proprio una vendetta trasversale, quello di Veltroni non è un atto disinteressato, dicono, è solo una volata a Renzi, l'avallo mascherato della rottamazione renziana. Come dire, il tempo è arrivato, e io - addirittura io, il Veltroni - mi tiro indietro da solo, mi auto-rottamo. E voi?
E' proprio questa domanda implicita (ma perentoria) nel beau geste di Veltroni a far impennare l'ala dalemiana (e non solo): non ci stiamo, rispondono piccatissimi, a subire il dicktat rottamatorio, nemmeno nella sua versione indiretta (veltroniana, diciamo). Epperò altri acconsentono; Castagnetti, Parisi, la Turco si dicono pronti al sacrificio sulle orme di Veltroni; si ode uno scricchiolio sinistro...
E' lo  scompiglio nel campo di Agramante, Renzi se la ride, e all'Untà dichiara che la campana suona per tutti i vecchi tenutari di scranno.
Al perentorio e provocatorio proclama di D'Alema: "Io non mi dimetto. Io mi ricandido se me lo chiede il partito", allora tocca a Bersani dire l'ultima parola. "Il segretario non candida un bel nessuno. C'è lo statuto, e quello dice che chi ha fatto il parlamentare per più di 15 anni, deve chiedere
una deroga". Chiaro?
Chiaro. A denti stretti e, dicono, pallido in volto, D'Alema dice che sì, rispetterà il dettame dello statuto.
Un grido attraversa il Pd dalle Alpi al mare, Bersani come Renzi!, fa la rottamazione! Ma no, corre ai ripari il segretario, non si dice rottamare, si dice rinnovare! E Bersani si congratula con se stesso, bel colpo, due piccioni con una fava: con la trovata del rinnovamento si libera dei rompiscatole dalemiani (persino contrari alle primarie !) e insieme svuota il piatto forte di Renzi.
Ma la sua contentezza non dura nemmeno l'espace d'un matin.
Infatti Renzi fa salti di gioia: rinnovati o rottamati, il risultato è lo stesso, quello che appunto vuole lui, tutti mandati a casa. E sul suo camper compare il pupazzo con la faccia di D'Alema afflosciato a terra...
Guerra! "Se le primarie le vince Renzi attaccherò", dice il presidente Copasir (e c'è da credergli).
Succede nel Pd.
Scrive sul "Corriere della Sera" lo scrittore Francesco Piccolo: "Da elettore del Pd sono ancora più sconcertato da queste primarie. Il risultato sarà il seguente: se vince uno del Pd (Bersani), era una vittoria scontata e quindi non si può considerare una vittoria; se vince un altro del Pd (Renzi), il partito ha perso (e già questo è un paradosso indecifrabile); se vince un esterno al Pd (Vendola),  è una sonora sconfitta del Pd. Di conseguenza, il Pd è il primo gioioso sostenitore di una competizione che non vincerà in ogni cas".
Se si passa da Gramsci a Renzi.

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