di Roberto Gramiccia
Le oltre di 20.000 persone, presenti sabato scorso a Roma per difendere la sanità pubblica, hanno decretato il successo di un’iniziativa che ha messo insieme la maggior parte delle sigle sindacali di medici, veterinari, dirigenti sanitari, precari e medici in formazione. Dalla FP CGIL medici, alla FIMMG, alla ANAAO, alla CISL, a moltissime altre si sono schierate a difesa della sanità pubblica. Per la prima volta migliaia di camici bianchi si sono mischiati alla gente comune che li sosteneva per rappresentare, con lugubre efficacia, il funerale della Sanità pubblica.
Una simbolica bara precedeva il corteo per significare che, se non ci sarà una discesa in campo di tutti gli interessati ma proprio di tutti, la fine della Sanità, intesa come servizio universalistico fondamentale nell’impalcatura complessiva del nostro stato sociale, rischia di essere decretata.
A causa dei i tagli già assestati e di quelli che rischiano di aggiungersi con il varo della legge di stabilità, siamo giunti a un punto di non ritorno. Per cui o si cambia radicalmente strada o la sanità pubblica sarà consegnata nelle mani dei privati. E’ singolare e confortante notare come, proprio a partite dagli operatori sanitari dei più diversi orientamenti politici, questa eventualità venga considerata una iattura. Nonostante il clima non esattamente disteso, l’ineffabile ministro Balduzzi riesce a strapparci un sorriso anche oggi, affermando che questa manifestazione non è contro il suo decreto. Ma di quale governo fa parte Balduzzi, se non di quello che sta smantellando pezzo dopo pezzo il sistema delle difese sociali e dei diritti in questo paese?
Senza considerare che una volta capita l’antifona e cioè che non c’è più un euro da spendere, anzi che ce ne saranno sempre meno, nessuno crede più, a partire dai medici, ai suoi ambulatori aperti 24 ore su 24 e nemmeno al fatto che le nomine di direttori generali e dirigenti saranno sottratte alla influenza mefitica degli interessi politici. La manifestazione del 27 è solo un inizio. Può essere l’avanguardia di una battaglia unitaria per la difesa del Welfare in questo paese. Di questo c’è bisogno come della difesa del lavoro e della democrazia. Il fatto che ad aprire la manifestazione del No Monti Day, alla testa di decine e decine di migliaia di persone, sia stato un gruppo di malati di SLA in sciopero della fame per difendere i propri diritti, lo stesso giorno in cui i medici sono scesi in piazza, ci fa ben sperare.