di Marco Berlinguer
Si è conclusa ieri, con i report dei diversi assi di lavoro e le inevitabili complicate negoziazioni sul documento finale, Firenze 10 +10. Esausto ma contento, Tommaso Fattori - del movimento sull’acqua e uno dei pilastri fiorentini su cui si è sorretta l’iniziativa - ci aiuta a fare un bilancio. «Oltre 4000 partecipanti. Piú di 300 organizzazioni e reti europee registrate, provenienti da 27 paesi. Piú di mille persone alloggiate in forme solidali nella cittá. Diverse reti europee sono uscite rafforzate o sono nate grazie a Firenze 10+10, come quelle sull’acqua, l’energia e sul debito. Ma piú in generale su ogni asse di lavoro si sono intensificate le cooperazioni. È nata una rete di economisti progressisti europei.
Sui migranti è partita una campagna “l’Europa sono anch’io”. Si sono messe in comunicazione 13 nuove leggi di inizitaiva popolare europee. Alcune reti italiane, come la campagna dei giovani precari “Io voglio restare”, hanno usato Firenze per lanciare la loro iniziativa. E molto altro ancora è successo. Sono stati 4 giorni di lavoro intenso».
Ma, oltre a tutto questo lavorio di collegamento su temi specifici, avevate anche l’ambizione di uscire da qui con un primo passo verso la costruzione di un movimento piú unitario di carattere europeo. Come è andata da questo punto di vista? Non potevamo pensare di risolvere magicamente una situazione di frammentazione e persino divisioni che dura da anni. Siamo partiti da un senso di emergenza, urgenza e inadeguatezza. Abbiamo potuto verificare che questi sentimenti sono condivisi. C’è stato uno sforzo vero da parte di tutti per muoverci da questo impasse. Mettere insieme movimenti tradizionali, come quello sindacale, e nuovi movimenti come gli indigandos non é stato facile. Credo che sia stata una prima volta in assoluto. E siamo usciti con un documento condiviso. Tutti ci siamo riconosciuti nello sciopero generale del 14 Novembre contro le politiche di austeritá in Europa. Abbiamo condiviso una chiamata a un’azione paneuropea il 23 di Marzo, in occasione del Summit di primavera dell’Unione europea. E credo ci siano tutte le condizioni perché si possa – attraverso pecorsi paralleli – arrivare tutti a convergere su Atene per il giugno del prossimo anno. Non è poco » .
Cosa ti ha insegnato Firenze? Che il coraggio paga. Che c’è buona volontá, voglia di capirsi e di unire le forze. Anche l’adesione allo sciopero del 14 novembre ne è una dimostrazione. Se ci si muove, si suscitano spinte unitarie. C’è un’esigenza diffusa di un movimento europeo. Con Firenze 10+10 abbiamo finalmente invertito la tendenza alla frammentazione. Certo rimane un lungo lavoro da fare. E se dovessi dire una cosa su cui credo dobbiamo lavorare piú a fondo è il tema delle metodologie, delle culture e degli stili organizzativi. È, se vuoi, un tema legato anche alla grande questione dell’efficacia di fronte all’esaurimento delle forme di azione del ‘900. Se vogliamo rendere possibile ed efficace una collaborazione tra i movimenti piú fluidi, orizzontali e piú orientati sulle reti anche digitali, come gli indigandos, e organizzazioni piú tradizionali, come i sindacati, dobbiamo innovare molto. Nelle metodologie di lavoro nostre interne e allo stesso tempo nelle nostre forme di intervento sulla realtà.
Pubblico - 12.11.12