di Marco Sferini
Sono l’ultimo a negare che il governo Monti non sia competente in questa fase politica ed economica. E’ il miglior prodotto antisociale che potesse scaturire dalle ceneri dell’ultimo esecutivo a guida del Cavaliere nero di...
Arcore e sta facendo egregiamente ciò che deve fare un “comitato di affari della borghesia”. La definizione è del buon vecchio Marx che, quando la scrisse, ritraeva molto bene i grigi gabinetti nazionali dove gli interessi dell’espansionismo capitalista di affacciavano alcuni con candore verginistico, altri con una consapevolezza ed una sapienza in arte politica da far impallidire qualunque statista.
Sono passati esattamente 100 giorni, poco più di tre mesi quindi, da quando Mario Monti e i professori hanno preso posto a Palazzo Chigi e abbiamo assistito ad un costante attacco ai diritti dei lavoratori, a nessun passo in avanti rispetto al superamento della riforma Gelmini per quel che concerne l’ambiente e la vita della scuola pubblica, ad un sostanziale immobilismo nei rapporti con il sindacato, soprattutto con la Cgil e la Fiom, con dichiarazione peraltro molto imperative e sprezzanti del ministro Fornero.
Un continuismo perfetto con Berlusconi con qualche aggiustamento sul rispetto delle forme e sull’impostazione del rapporto tra i poteri dello Stato. Per il resto, l’eterodirezionalità di questo governo è parsa subito evidente con la piena presa in considerazione (e applicazione) della tanto famosa lettera della Banca Centrale Europea in merito al ristabilimento dei parametri per fare da cuscinetto con la crisi greca ed evitare che una caduta nel vuoto della giovane moneta continentale.
Proprio in queste ore, nei suoi primi cento giorni di vita, il governo di Mario Monti licenzia il decreto fiscale che fa arrabbiare la Chiesa Cattolica per l’aumento dell’IMU sui beni immobili e che, al contempo, proroga il pagamento della tassa sull’anonimato per i capitali scudati. Un colpo al cerchio e uno alla botte? Nemmeno per idea. Il governo parla di tracciabilità delle spese, noi potremmo tranquillamente dire che dalla tracciabilità della sua linea di intervento politico in campo economico e lavorativo abbiamo chiaro quale sia l’obiettivo: favorire ancora una volta i redditi delle imprese a scapito del salario e delle pensioni.
I giochetti numerici su rientro dei capitali scudati, anonimati garantiti a gente che ha portato all’estero i propri soldi violando la legge senza alcuna vergogna e molte altre barriere protettive per chi vive la crisi economica da dietro ad una scrivania manageriale sono tutte misure che non porteranno nessun beneficio alla collettività, intesa come grande maggioranza di coloro che padroni – imprenditori non sono e non possono (e magari anche non vogliono) esserlo.
La proposta della patrimoniale è stata presa in considerazione solo in qualche dibattito televisivo. Il Partito Democratico ne ha discusso così latamente che si potrebbe dire tranquillamente che non l’ha nemmeno discussa. E così è rimasta, con buona pace anche del “rivoluzionario” Di Pietro e dei propugnatori della “giustizia dal basso” come i grillini, lettera morta.
Noi comunisti che la rivendichiamo come misura di giustizia sociale vera, come elemento fondativo di una nuova impostazione economica del fisco italiano, veniamo quindi ancora una volta dipinti e tinteggiati a più non posso alla stregua dei fondamentalisti del “pubblico” e, tanto per cambiare, come sognatori, utopisti e chi più ne ha più ne metta.
Eppure, la tassa patrimoniale avrebbe risolto moltissime questioni dirimenti e avrebbe impedito che i risvolti peggiori della crisi, che ancora devono arrivare (altro che uscita dalla crisi tanto proclamata anche dal Presidente della Repubblica) si riversassero sui più deboli, su chi ha sempre davvero pagato, e pagato tanto.
Cento giorni, dunque, ed è di poco tempo fa anche la dichiarazione del ministro Di Paola sull’acquisto da parte dello Stato di 90 caccia bombardieri nucleari F35 per la “modica” cifra di 10 miliardi di euro. Tavola della Pace, Sbilanciamoci e molte altre organizzazioni che si battono contro l’aumento delle spese militari e per il disarmo hanno calcolato che con il costo di uno solo di questi aerei si potrebbero gestire 185 asili nido per più di 12.000 bambini.
Dice il governo che prima avevano previsto un acquisto ben maggiore: 131 caccia F35. Quindi un risparmio c’è già stato. E’ una spiegazione simile alle gambe di un paralitico: non regge senza la stampella dell’ipocrisia.
La patrimoniale, la diminuzione drastica delle spese militari, il ritiro delle truppe dall’Afghanistan e da tutti i teatri di guerra dove ancora ci sono nostri contingenti armati (il costo di tutte queste “missioni di pace” viene conteggiato e pagato da tutti noi in moneta sonante e con la vita dalle popolazioni che andiamo a “proteggere”), una vera lotta all’evasione fiscale, la ripresa di una politica del lavoro che favorisca contrattazioni nazionali e che riporti sui binari della legalità l’autoriarismo di Fiat e del capitale industriale italiano che esce da Confindustria (non che questa sia divenuta all’improvviso una moderata associazione di filantropi!), un impegno per un ripotenziamento dello stato sociale invece del suo smantellamento, una conversione ecologica dell’economia. Tutte proposte che questo governo non potrà mai attuare: la trasversalità del sostegno politico, l’asse PDL – PD – Terzo Polo è saldo e compatto sulle riforme liberiste e sull’appoggio alle imprese piuttosto che ai lavoratori.
Ne deriva, da tutto questo, anche un costante deperimento della democrazia e una lacerazione sociale che si aggrava di giorno in giorno e che solamente l’acuirsi sempre più violento della crisi e lo sviluppo sempre più forte dei bassi salari porterà ad una agitazione permamente contro le istituzioni e contro i poteri forti dell’economia.
La “pace sociale” si può comprare per qualche tempo, ma poi, finiti i soldi, le contraddizioni emergono ancora più dirompenti e possono rappresentare anche un pericolo per la stabilità delle più elementari libertà sociali e civili del Paese.
Napolitano ha detto che non siamo la Grecia. Per ora. Ma la Grecia ci ha mostrato forse solo il nostro futuro se anche noi saremo costretti a ricorrere ai prestiti della BCE e del FMI. Da Bretton Woods in avanti lo strozzinaggio internazionale non è mai finito…