12114alcoa operaidi Costantino Cossu
Una giornata di rabbia, le urla dei cassintegrati che non hanno più nulla da perdere gettate in faccia ai poliziotti in tenuta antisommossa, sotto un cielo che minacciava pioggia e infliggeva un caldo umido: afa e disperazione nel triste tropico mediterraneo del Sulcis. Gli operai dell'Alcoa, la fabbrica di alluminio che la multinazionale Usa ha deciso di chiudere, ieri mattina si sono radunati a centinaia davanti all'ingresso delle miniera di Serbariu, i cui uffici erano stati scelti, nelle settimane precedenti, come sede dell'incontro dei vertici istituzionali della Regione Sardegna e del Sulcis con i ministri Corrado Passera e Fabrizio Barca e con il sottosegretario Claudio De Vincenti. Oggetto del summit, l'illustrazione del piano di rilancio per Sulcis preparato dall'esecutivo.

Il quadro complessivo degli interventi ammonta a 437,272 milioni di euro: 219,572 milioni deliberati su risorse regionali e locali e 217,7 milioni da deliberare su risorse nazionali. La protesta è scoppiata poco prima che un elicottero portasse via - a incontro chiuso e dopo la firma di un protocollo d'intesa governo-regione - i tre esponenti del governo Monti. Alcuni gruppi di lavoratori hanno bloccato le due uscite dell'area della miniera. La strada è stata chiusa con bidoni, la carcassa di una Panda data alle fiamme, pneumatici, persino scaldabagno e reti da letto. Nel tentativo di entrare nella sala riunioni della miniera, gli operai si sono ripetutamente scontrati con la polizia. Un gruppo di operai Alcoa, che hanno tentato di sfondare la vetrata d'ingresso della sede amministrativa della miniera, sono stati bloccati dai poliziotti armati di scudi e manganelli. Sono state fatte scoppiare alcune bombe-carta e lanciati verso le forze dell'ordine palloncini pieni di vernice rossa. Sono stati fatti esplodere alcuni petardi, mentre gli slogan contro Alcoa proseguivano incessanti, duri, carichi di rabbia. Alcuni poliziotti sono stati colpiti dai palloncini, che hanno imbrattato di vernice rossa le tute e gli scudi. A un certo punto, un ulteriore cordone di protezione, con diversi cellulari blindati, è stato disposto davanti all'ingresso della miniera. Diversi feriti, ma lievi, sia tra gli operai sia tra i poliziotti.
«È stato un atto di protesta forte - fa sapere al telefono Manolo Mureddu, delegato degli appalti Alcoa - perché ci sentiamo abbandonati». Frase che fotografa esattamente la realtà dei fatti. Al momento per gli operai di Alcoa l'unica certezza è la cassa integrazione, in attesa del blocco totale degli impianti che è già stato avviato a ottobre e che dovrebbe concludersi tra un paio di mesi. Tutte le trattative per cedere lo stabilimento a un altro gruppo industriale si sono arenate. Quelli che sono andati più avanti nel tentativo di acquisire la fabbrica sono stati gli svizzeri di Glencore. Il vero problema è il costo dell'energia. L'Ue s'è detta disponibile a favorire lo stabilimento sardo attraverso un complicato meccanismo di riduzione indiretta dei costi energetici. Ma a Glencore non è bastato. E al momento non sembra possibile riprendere alcun discorso con gli svizzeri e neppure si vedono all'orizzonte altri compratori.
«Com'era prevedibile, il risultato dell'incontro di ieri con i ministri non ha prodotto grandi novità - commentano i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Enzo Costa, Mario Medde e Francesca Ticca - Non ci sono risposte concrete su come mantenere in attività il sistema industriale. E le vertenze aperte rimangono senza soluzione». Sul Sulcis piovono milioni, ma Alcoa molto probabilmente chiuderà. Ecco perché ieri la tensione era altissima.

Il Manifesto - 14.11.12

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