Intervista a Paolo Ferrero di Massimiliano Di Giorgio (Reuters)
Dopo essere rimasta fuori dal Parlamento per più di quattro anni, Rifondazione comunista vorrebbe presentarsi alle prossime elezioni con una lista "No Monti" - ma non contro l'euro - a cui potrebbero partecipare l'Idv, esponenti della Fiom, attivisti No-Tav e con la benedizione del sindaco di Napoli Luigi De Magistris.
Lo ha spiegato in un'intervista a Reuters, Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista, partito a cui i sondaggi attribuiscono il 2-3% delle intenzioni di voto.
L'obiettivo della lista è quello di cercare di condizionare da sinistra un eventuale governo guidato dal Partito democratico, per abbandonare la politica "neoliberista" del governo di Mario Monti e ricontrattare con l'Unione europea il cosiddetto "Fiscal Compact", ossia il nuovo patto sulla disciplina di bilancio, e i trattati Ue.
"Stiamo lavorando a una lista unitaria di sinistra dove il punto, per noi, è riuscire a mettere insieme tutti i vari spezzoni politici e sociali che si oppongono alle politiche del governo Monti", dice Ferrero, 52 anni, ex ministro della Solidarietà sociale nel secondo governo Prodi, alla guida del Partito della Rifondazione comunista dall'estate del 2008.
Quattro anni fa, Rifondazione comunista non riuscì a ottenere neanche un seggio in Parlamento, perché il cartello elettorale di cui faceva parte - con i Verdi, il Pdci e Sinistra democratica - non superò la soglia di sbarramento del 4%. Lo stesso avvenne nel 2009, per le Europee.
Alle prossime elezioni, previste per l'inizio di marzo, la soglia potrebbe essere alzata al 5%, se la legge dovesse essere modificata, rendendo più complicato il ritorno in Parlamento a meno di accordi di coalizione.
"Nessuna delle forze [dell'area anti-Monti che comprende anche il partito di Antonio Di Pietro, in calo nei sondaggi] è in grado, da sola, di poter pensare di superare lo sbarramento", dice Ferrero, che però intanto ha già perso un alleato come il Pdci, che alle primarie del centrosinistra voterà per il leader di Sel Nichi Vendola e che, secondo diverse fonti politiche, ha stretto un accordo col Pd.
Per Ferrero, il Partito democratico - erede della tradizione del Pci e della fusione poi con la sinistra della Democrazia Cristiana - oggi è un "partito liberale, in cui i socialdemocratici rappresentano solo l'ala sinistra".
Il segretario di Rifondazione dice che un governo guidato dall'attuale leader del Pd Pier Luigi Bersani - ammesso che riuscisse a ottenere una maggioranza sufficiente - "non sarebbe identico" a un eventuale Monti-bis, almeno sui diritti civili e le politiche sociali, ma che le differenze comunque "non sarebbero significative".
"POLITICHE ECONOMICHE COME QUELLE DI PINOCHET"
Il governo tecnico - sostenuto da un anno in Parlamento da Pdl, Pd e Terzo Polo - ha imposto all'Italia una "shock economy, come quella del dittatore Augusto Pinochet in Cile", secondo Ferrero.
"Si dice: 'Siamo sull'orlo del baratro, la soluzione è una sola ed è questa'. Così si annichilisce così ogni reazione".
Monti, per l'ex ministro, sta "demolendo il Welfare" con la riforma delle pensioni, la modifica dell'articolo 18 sui licenziamenti e della contrattazione sindacale - su cui Rifondazione, con Idv e Sel, ha lanciato una serie di referendum -, ha prodotto la recessione con la politica di rigore e ora vuole svendere il patrimonio pubblico per sostenere la riduzione del debito imposta dalla Ue e dalla Bce.
"L'impatto del Fiscal Compact sull'Italia sarà il peggiore d'Europa, dato che noi abbiamo un debito superiore al 126% del Pil", prevede Ferrero, che paragona l'Italia alla Grecia.
Quando gli si fa notare che in Italia, però, nonostante la crisi, sembra tenere la "coesione sociale", Ferrero risponde che "oggi la principale fonte di Welfare in Italia è la famiglia" e che le fasce più deboli sono già abituate "a vivere e consumare a bassi livelli". Anche se le manovre del governo stanno portando "ormai a tagli sulla carne viva".
Il segretario del Prc ammette anche che in Italia, dove finora non si sono registrate proteste e movimenti di massa paragonabili a quelle di Paesi come la Grecia e la Spagna, "manca chi organizza il conflitto, e la rabbia si esprime in modo personale... anche con il consumo di psicofarmaci".
Un "possibile inizio" di un tale movimento, dice, potrebbe essere stato la protesta dello scorso 14 novembre per la giornata contro l'austerity lanciata dai sindacati europei, che in diverse città, a iniziare da Roma, si è trasformata in guerriglia tra giovani e polizia, con feriti e arresti.
"IN ITALIA MANCA LA LOTTA DI CLASSE"
Nel frattempo, però, la protesta sembra esprimersi nelle urne e nei sondaggi con l'ascesa del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, a cui Ferrero non guarda con ostilità soprattutto per lo spirito di protesta che esprime, anche se dice di non essere d'accordo sul tipo di "democrazia instant" che propone.
E' giusta la questione della moralizzazione della politica, aggiunge, ma "il problema è che in Italia, invece di avere un sano conflitto di classe, hai l'idea che tutti i politici rubano, come se tutti i problemi fossero legati alle ruberie".
Ma il voto a Grillo, sottolinea, non è "rancoroso, non è contro gli immigrati o gli zingari", non è un sostegno a un partito di estrema destra come "Alba d'Oro" in Grecia.
"NEW DEAL" CON LA UE
I comunisti di Rifondazione vogliono una svolta e non intendono aiutare il partito di Bersani solo a rendere più "social" la cosiddetta "agenda Monti".
"Il problema non è l'uscita dall'euro [...] e neanche il fallimento dell'Italia, che è troppo grande per fallire. Bisogna rinunciare al Fiscal Compact e aprire una trattativa con l'Unione europea, per ricontrattare le modalità con le quali viene gestita", ha detto Ferrero.
Bisogna anche modificare il ruolo della Bce, che Ferrero definisce una "istituzione privata, ademocratica, fatta di soci privati", contro la quale rivendica la difesa della "sovranità nazionale" dell'Italia.
Per Ferrero la questione non è di dosare crescita e rigore, magari facendo ricorso al deficit per favorire la ripresa economica: "Il tema della crescita è relativamente insensato, non ci sono sbocchi di mercato, ed è il motivo per cui anche la Germania va verso la recessione. Invece occorre puntare, almeno in Europa, sulla riconversione ecologica e sulla redistribuzione della ricchezza".