sparagna pazienzadi Boris Sollazzo
Lui è un ragazzo di Bagnoli del 1946, un bel tipo che odia il potere e lo combatte, perché non se ne fa sedurre. Che ignora il denaro, perché non lo ama. Che adora la satira, perché il suo spirito è tagliente e militante, e considera quella risata amara, quello sberleffo arguto, quel fendente a chi comanda, come l'unica vera arma contro l'arroganza della classe dirigente.

Parliamo di Vincenzo Sparagna, direttore de Il Nuovo Male e di Frigidaire, che da quasi 35 anni con tanti compagni di viaggio –alcuni passati al lato oscuro della forza (Vincino), altri a miglior vita (Andrea Pazienza, che nostalgia di Frìzzer), altri ancora rimasti con lui (Ugo Delucchi) –ha scritto, descritto e disegnato l'Italia, e non solo.
E ha lottato, persino contro chi dovrebbe remare dalla sua parte: si pensi a Il Male di Vauro, che ha dato vita a una lotta fratricida.
Allora Vincenzo, ora su cosa sei al lavoro? In questo momento sul numero 245 di Frigidaire, e l'11 de Il Nuovo Male. Naturalmente li facciamo nella nostra città immaginaria di Frigolandia, un ex colonia umbra di balilla fascisti, che ci affitta il comune di Giano. Proprio ora sto tornando da lì a Roma, per andare in tipografia. Ne Il Nuovo Male avremo la solita batteria di vignette, ma anche le nostre inchieste. Come quella sulle religioni più bizzarre del mondo. Penso a quella del Subgenio, che è una confessione satirica, anche se alla fine tutto si risolve nel fatto che vogliono un'offerta, ovvio. Loro credono che gli uomini siano da organizzare in greggi. E poi ci sono i Pastafari, religione vera anch'essa, composta da adoratori della pasta. Questa ricerca è tutta merito di Graziano Graziani, con lo pseudonimo di Teodoro Diodato, e ne vedremo delle belle con lui.
Con Il Male faceste credere all'Italia che Tognazzi fosse il capo delle BR, annunciaste alla Polonia lo scioglimento del partito comunista, e vi inventaste la Pravda che annunciava la fine dell'Unione Sovietica. Ora che avete in mente?
Un giornale falso e immaginario, perché quell'epoca in cui facevamo giornali d'interferenza è finita. Quelli erano finti giornali veri, adesso è l'ora dei veri giornali falsi. Ecco perché avremo nel numero 11 Allegria, fondato e diretto da Mike Bongiorno dall'aldilà, che aveva fatto una pausa nel suo lavoro indefesso solo a causa del furto del cadavere. Su questo giornale scrivono anche Walter Chiari, Corrado, Enzo Tortora, perché loro, diciamocelo, non muoiono mai, li rivedi sempre nella notte in tv. Insieme a Gino Bramieri e Alberto Lupo, vivono in una dimensione fantasmatica. Vi consiglio l'editoriale di Mike, e poi il pezzo di Tortora, l'intellettuale del gruppo. Nel caso di Frigidaire, invece, apriamo con l’editoriale «Maledetta Terra Santa», in cui si dice che non si può più definire quel pezzo di Medioriente eletto dal Signore, benedetto da Lui, con tutto quello che succede è evidente che è la terra più maledetta di tutti! E poi ci troverete anche un calendario e molti fumetti. Perchè ha ancora senso fare satira? Un tempo c'erano motivi per essere estremisti. In questa società ce ne sono anche di più. Rimane la necessità della satira per la libertà che porta e di cui necessita: può e deve utilizzare tutti i linguaggi, senza alcun limite. Francamente, i buffoni di corte non li sopporto, quelli alla Vauro che «adesso ce fa ride’». Perché rinchiudere la satira all'interno della risata, se invece è un’arte tra il serio e il ridicolo? Non è solo comicità, è uno sguardo sul presente ma dato dal futuro. Per questo serve non avere legacci, e questo ha sempre un prezzo: penso ai processi subiti, alla causa che mi ha fatto Bertolaso: chiede 130.000 euro, ma casca male, io sono poverissimo.
Era un pezzo chiamato Bertoldo, Bertoldino e Bertolaso, di un anno e mezzo fa, l'assunto era che lì non c’eran buffoni, come Bertoldo e Bertoldino, ma una compagnia di giro fatta di prostitute e mafiosi. Devi avere forza e resistere. La satira è solo aggressione a chi comanda? No, ma è difficile che in noi ci sia il compiacimento dei potenti sulla barzelletta su di loro. La satira non deve avere il carattere strisciante con cui spesso si traveste, deve fare incazzare chi colpisce, e far ridere gli altri. E deve uscire dall'ipnosi che conta solo sparare sul bersaglio politico. La satira politica, quella fatta bene, deve parlare anche della vita quotidiana, della società cosiddetta civile, quasi sempre avvilente come e più del ceto politico, che è figlio suo. Una classe dirigente mafiosa nasce sempre da una società corrotta. Quando parli del berlusconismo, parli di noi: la carogna sarà pure Berlusconi, ma è frutto della società che lo esprime. La satira ha una grande responsabilità: far ridere del potere, anche nella sua manifestazione minima com’è la prepotenza, l’egoismo, la smania di denaro in un singolo individuo, in un giorno qualunque.
La tua storia dimostra che ai satirici prende questa malattia ogni tanto. Combattono il potere tanto da rimanerne sedotti. E soprattutto a sinistra: la tua contesa con Vauro lo dimostra. La malattia storica della sinistra è il fratricidio. Vauro credo ce l’abbia con me per le mie critiche al suo tratto e che viva ancora la frustrazione di aver abbandonato Il Male subito, privandosi della straordinaria esperienza di far parte del giornale satirico più importante della sua epoca. Alcune motivazioni vanno cercate nell’invidia, altre nella psicanalisi. Il punto è che non devi mai venderti l’anima, come ha fatto anche Vincino, con il Corsera e soprattutto disegnando per il Foglio. Ne ho visti di compagni di Lotta Continua finire a far interviste prone per Berlusconi, tutto questo non mi stupisce. Ma non ci interessa, il problema è più grande e sta nell’impostazione dei progetti culturali. Lotta dura senza paura?
Noi conserviamo la nostra libertà, anche se è difficilissimo avere dei rimbalzi culturali, perché il meccanismo delle consorterie culturali è alla base della comunicazione. Una sorta di consociativismo intellettuale. E poi penso alla politica culturale del Manifesto, a volte interessante. Sembra, però, che lì si sentano male se ogni tot non parlano di Clint Eastwood e Hollywood. Perché non cercano soggetti immersi o semiemersi? Perché anche loro sono schiavi dell’industria mainstream? Parlo di loro ma mi rivolgo a tanti giornali di sinistra, che fanno fatica a vedere e capire il fermento che gli è attorno. Non guardano ai margini. E voi invece ci riuscite?
Con firme come le nostre, autori di livello che scegliamo per il loro talento e non per il loro nome. Gran parte della nostra redazione è composta dall’attuale generazione dei 30enni. Loro sono radicali per stile e contenuti e anche per questo fanno fatica a trovare spazio. Penso a Giuseppe Del Buono, a cui si devono le ultime copertine de Il nuovo male, ad Andrea Moresco a Frigidaire, che per campare fa manifesti per locali notturni! Ma i bravi artisti da noi sono tanti e di tutte le età, da Maila Navarra a Ugo Delucchi. E con loro scopri perché sei su un vascello corsaro e non su un transatlantico in cui magari, per rimanere a bordo o solo per entrare, devi leccare le scarpe al maggiordomo. Mettersi alla prova con questi ragazzi, per noi, è un grande stimolo creativo, è bello vedere tanti giovani che sfogano la loro libertà. E tu, con loro, devi essere un regista rispettoso dei singoli talenti, sfruttando l'intelligenza di tante persone e mai dittatorialmente.
Meglio far satira in passato oppure ora? In passato era molto difficile farla, ma ora le difficoltà sono molto aumentate. Prima avevi comunque più spazi, oggi hai una raffica continua di spazi occupati solo per impedire che altri li occupino, cosicché il 99% di ciò che c’è in edicola fa davvero schifo. E poi vogliamo parlare della tv? Forse è meglio di no. Va detto anche che ora hai strumenti nuovi, come il web e internet, che ti regala una platea invisibile ma esistente. Sui social ci seguono tantissimo, la comunicazione orizzontale ci permette una visibilità che altrimenti non avremmo. Il punto però è un altro: prima si poteva essere delle voci nel silenzio e se rompevi questo silenzio ti sentivano tutti. Ora vige la censura del rumore, che è molto peggiore: se parli, non ti sente nessuno. Perché gli altri urlano.
Domanda cattiva: ma chi te lo fa fare? A volte fingo di chiedermelo. Anche perché io nel passato ho accumulato 300 processi penali, e allora lì avevo messo su lo spirito eroico del martire. Ora la situazione è peggiorata: i processi sono civili con richieste di risarcimento milionario. Per difenderti devi saper essere un vero nullatenente. Non è facile, è un fastidio. La mia fortuna è che l’avvocato Marazzita è un grande democratico e mi difende gratis per simpatia, amicizia e amore per la libertà di stampa. Ma sai cosa me lo fa fare? Le sfide straordinarie che ho davanti, a me non piacciono i reduci di una rivoluzione mai esistita. E poi qui la guerra continua. reduci di che? Sono in buona salute e non sono ricco, ma non me ne frega niente. Voglio essere sereno e contento di quello che faccio, piuttosto che farmi schifo, anche solo un po'. La mia è la scelta felice di uno spirito inguaribilmente militante. E la soddisfazione di incontrare tante persone che sono come me. E anche meglio.
Sincero: cosa pensi di Yanez?
Yanez lo sfoglio quasi sempre. Non lo dico perché sto parlando con te, ma mi sembra uno dei migliori tra i vari inserti satirici. Ce ne sono di agghiaccianti, come quello di Libero, andrebbero fucilati quelli che lo fanno. La scrittura satirica è una cosa difficile, deve trovare una sua necessità, altrimenti è solo una sequela di cazzate. Ci vogliono delle idee. A questo riguardo ricordo Lenin che parla ai ragazzi dell'Inskra (La scintilla). «Compagni, noi stampiamo questo giornale con contributi volontari, viene fatto sconfinare grazie a ragazzi coraggiosi e distribuito clandestinamente, con rischi enormi per chi lo porta, lo consegna e lo legge. E noi vogliamo scrivere delle cazzate dopo tutti questi sforzi? » .
Ogni comunicazione dev'essere necessaria, vale per la satira ma per tutti coloro che comunicano. In questi tempi, invece, fanno rumore solo per farlo, molti miei colleghi vogliono solo esibirsi.
C’è qualcosa su cui non sui può scherzare? Dostojievskj raccontava che persino il funerale di un caro può farti ridere, il problema è il gusto: non amo chi allude all'Olocausto con grettezza, così come l'ossessione dellincularella generale di operai e altri classi disagiate, ci trovo più omofobia che comicità. Con la satira devi illuminare, non spegnere la luce. Colorado Cafè, per dire, mi fa vomitare, si fa sovrapposizione tra barzellette di terz'ordine e satira. E poi la vignetta è un insieme voluto di grafica e idee, lo insegna Pazienza. Il disegno dev'essere arte mai vista, non devi replicare lo schema solito della caricatura, deve avere eleganza e originalità. Per me l'unica censura è la qualità, e non è semplice agire così, perché il mondo ti spinge verso la ripetizione di modelli e moduli.

Pubblico - 10.12.12

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