di Luca Fazio
Sabato il centrosinistra sceglie il candidato che sfiderà Bobo Maroni
Sabato prossimo (attenzione, non domenica) si vota alle primarie del centrosinistra per scegliere il candidato alla presidenza della Regione Lombardia. I tre candidati sono Umberto Ambrosoli, Alessandra Kustermann e Andrea Di Stefano. L'occasione è storica, conquistare la regione più ricca e popolata d'Italia dopo diciasette anni di impero formigoniano. Ma a parte gli addetti ai lavori, se n'è accorto qualcuno? Tra i militanti comincia a serpeggiare il timore di una scarsa partecipazione (al ballottaggio del centrosinistra, dieci giorni fa, avevano votato 398 mila lombardi).
Non sono sondaggi, ma basta chiedere a una fermata del tram, o a una cena, per sentirsi rispondere - schifati a parte - «mah... non so... quali primarie?».
Il tempo per prepararle è stato poco. Il prolungato duello Bersani/Renzi ha provocato una sorta di overdose da primarie e in più la campagna per le elezioni del 2013 è cominciata e sta oscurarando un appuntamento elettorale decisivo anche a livello nazionale. Perché in caso di vittoria del centrodestra in Lombardia - i primi sondaggi indicano solo un leggero svantaggio dopo i disastri degli ultimi mesi - nessun governo potrà governare senza fare i conti con le tre grandi regioni del nord in mano ai leghisti, più o meno alleati con Silvio B. Detto ciò, è evidente che le primarie di sabato prossimo sono state poco pubblicizzate nonostante i tre candidati stiano girando la Lombardia in lungo e in largo impegnandosi in decine di incontri e dibattiti. La competizione, e di conseguenza la comunicazione, non ha sfondato per diversi motivi. Il basso profilo del Pd, che nemmeno voleva le primarie pensando di aver puntato sul candidato giusto (Ambrosoli), con l'endorsement di Giuliano Pisapia per un uomo di centro che ha creato non pochi malumori tra i suoi. La posizione a dir poco ambigua di Sel, che aveva già preso accordi con Ambrosoli ed è poi rimasta spiazzata dall'ottima candidatura di Andrea Di Stefano (che i militanti di Sel voteranno) e, da ultimo, la debolezza del Prc che invece subito si è schierata con Di Stefano, che di fatto sta ballando, benissimo, da solo. Così come la ginecologa Kustermann, grande esperta di sanità e per di più iscritta e «innamorata» del suo partito (il Pd), che l'ha lasciata da sola. E' la più battagliera.
La partita è già chiusa? Tutt'altro. Anzi, proprio l'eventuale scarsa partecipazione sta preoccupando i vertici del Pd - parlano di «successo» se dovessero votare 100 mila lombardi. Si spiega così l'abbraccio ufficiale di Bersani dell'altro giorno - «Ambrosoli è la persona giusta» - e l'appello del sindaco Pisapia - «andiamo a votare, buone primarie a tutti». Hanno paura? Un po'. Di una vittoria stiracchiata. E poi Di Kustermann (l'elettorato femminile è quasi tutto per lei) e soprattutto di Di Stefano, il candidato che in ogni contesto riesce sempre a strappare applausi, se n'è accorto anche il Corriere della Sera definendolo «la sorpresa della sinistra».
Una sorpresa anche per la sinistra stessa, quasi colta in contropiede. Perché erano anni che da queste parti gli elettori delusi e disincantati non avevano la possibilità di puntare su un candidato così preparato, determinato, popolare e, soprattutto, senza addosso quell'aria da borghesia illuminata milanese, e neppure quella da sconfitta di ciò che resta della sinistra «massimalista». Quando Di Stefano parla di redditto minimo, non lo fa con il piglio del rivoluzionario novecentesco ma con l'atteggiamento tignoso e convincente dell'esperto di finanza (etica). La vera sorpresa sarebbe se in poche settimane lui (ma anche Alessandra Kustermann) fossero riusciti a convincere migliaia di lombardi a fare un ultimo sforzo per ribaltare il corso degli eventi già scritti nelle segreterie del centrosinistra.
Il Manifesto - 12.12.12