di Dmitrij Palagi
Firenze è una delle realtà problematiche per il “quarto polo”. All’assemblea di sabato si sono incontrate e scontrate le differenze tra i compagni di Rifondazione Comunista e i promotori della nascente ALBA. Entrambe le organizzazioni contano un radicamento storico nel capoluogo toscano, non a caso il teatro in cui si è svolto l’incontro contava più di 200 presenze.
Ha aperto Lorenzo Guadagnucci, giornalista noto principalmente per l’impegno nel “Comitato Verità e Giustizia per Genova” e uno dei promotori dell’appello “Cambiare si può”.
Nella relazione di apertura si è scelto di partire dagli elementi che uniscono le diverse anime riunite: la necessità di opporsi ad una fase di aggressione dei diritti (politici, sindacali e sociali), attraverso l’organizzazione di una lista che sia punto di riferimento per tutti quelli che nel corso degli ultimi anni si sono opposti alle scelte dei governi Berlusconi e Monti, dimostrando l’esistenza di un’alternativa di sinistra nel Paese, anche se non rappresentata in Parlamento. Si propone di lavorare per una lista di militanza e cittadinanza attiva, che candidi militanti e lavoratori rispettando un equilibrio di età e di genere.
La questione della parità tra i sessi viene fatta rigidamente rispettare. Gli interventi sono alternati nella scaletta preparata: un uomo, una donna. Questo fa saltare l’ordine di iscrizione e dubbi sulle modalità di scelta vengono esplicitate da parte della platea, creando dieci minuti di caos nella sala. C’è chi se ne va, chi resta rassegnato e chi alla fine ottiene di parlare nella prima parte dell’assemblea, dedicata ai dieci punti del manifesto programmatico (mentre nella seconda parte si discute della questione più spinosa riguardante le liste elettorali).
Il clima risente di questa falsa partenza. L’età media è di gran lunga inferiore rispetto a quello che si vede all’interno dei dibattiti della coalizione Italia Bene Comune ma senza dubbio mancano volti sconosciuti. Ci si ritrova tra pezzi frantumati e sono pochi quelli che ancora non si sono mai sentiti o che non hanno pregiudizi verso gli altri presenti.
Il dibattito riparte con difficoltà grazie alla determinazione di Lorenzo Bicchi, lavoratore attivamente impegnato nel territorio per la creazione di uno spazio partecipato a sinistra.
Si susseguono una serie di osservazioni sui contenuti: ferrovieri, insegnanti, medici, studenti. Sono molti i punti di vista che aggiungono considerazioni sui contenuti proposti. Una parte consistente del dibattito si concentra sulla necessità di creare nuove forme di partecipazione. C’è chi chiede di evitare tanto la nascita di una lista civica quanto l’agglomerato tra sigle. C’è anche chi valuta i tempi troppo stretti: “non abbiamo il tempo per capire quello che vogliamo e quello che non vogliamo non è sufficiente”, si sente dire. In un paio di occasioni si avanza l’invito a non pensare a ciò che sarà dopo le elezioni.
Il confronto tra le due organizzazioni presenti in sala si accende nella seconda parte. Ginsborg si conferma la figura più provocatoria per l’unico partito al momento interessato all’appello (anche se tanto De Magistris quanto Di Pietro hanno fatto capire che saranno parte del nascente “quarto polo)”. Il professore inglese dichiara di non essere comunista e di anzi essere convinto che non ci sia nessuna speranza per quell’ideale, additando i partiti in quanto tali come uno dei problemi che ha portato l’Italia in questa situazione. Non mancano le reazioni ma l’affondo risulta in realtà isolato, almeno stando alle dichiarazioni in assemblea.
In chiusura resta la sensazione di aver tirato fuori le differenze tra le parti, senza riuscire a trovare la sintesi ma convinti della necessità di superare le divisioni emerse. Gli occhi sono puntati su Roma. Firenze non può essere un'avanguardia, in queste condizioni. Può però rappresentare il primo banco di prova per un progetto che aspira a riportare la sinistra in Parlamento, creando processi condivisi nella città del “sindaco che la destra invidia”.
da www.ilbecco.it