di Paolo Ciofi
I comportamenti recenti del governo e la crisi verticale in cui è precipitato il Pdl ci aiutano a fare chiarezza su una questione dirimente. Ed emerge questa verità: è Mario Monti il vero leader del centrodestra. Se per destra, come è giusto che sia, s'intende non semplicemente qualche nostalgico del fascismo e del manganello (che non manca), ma l'oligarchia della finanza e del denaro. Non si tratta soltanto della pesante impronta antipopolare della legge cosiddetta di stabilità, che in realtà destabilizza il Paese e lo inchioda a una lunga stagnazione: dichiarandosi super partes, il professore austero colpisce scientificamente solo da una parte. Con l'aggiunta della farsa della diminuzione delle tasse, che in realtà è un aggravio giacché la riduzione dell'Irpef non compensa l'aumento dell'Iva. Emergono almeno altri due fattori, che concorrono a mettere a nudo il sempre più chiaro dislocamento a destra del supertecnico imparziale.
Proprio nel momento della clamorosa bancarotta morale del berlusconismo, di cui Lombardia e Lazio non sono solo espressioni locali, il primo fattore riguarda la contiguità del governo con il berlusconismo nelle forme della comunicazione. Vale a dire nel rapporto tra governanti e governati, fondato su un linguaggio attenuante di fatti e circostanze, che induce alla disinformazione e alla mistificazione della realtà. Il secondo fattore è il passo indietro annunciato da Berlusconi a favore di Monti come premier del centrodestra, dal momento che il rettore bocconiano «è sempre stato nel campo dei liberali».
Dopo le fanfaluche del Cavaliere, i "tecnici" al governo hanno annunciato equità e generato iniquità, hanno proclamato la crescita e prodotto la decrescita (infelice), hanno esercitato il rigore ed accresciuto l'indebitamento. Hanno cancellato l'articolo 18 dichiarando di voler dare lavoro ai giovani, ed è aumentata per tutti disoccupazione e precarietà. Per non parlare della vergogna degli "esodati". Diciamo la verità: il professore, con la sua scienza infusa, non è credibile. E non lo è perché, alla stessa stregua di Marchionne, Montezemolo, Marcegaglia & company, conduce una silenziosa ma non per questo meno efficace lotta di classe, guidata dal principio che la crisi la devono pagare le lavoratrici e i lavoratori, in nome del sovrastante interesse dell'oligarchia del capitale. E tutto questo - in ciò consiste la sua missione - con l'intento di non provocare apprezzabili e significative reazioni. Tiriamo le somme. Il montismo è una forma sofisticata di liberismo. E il liberismo è l'assetto di combattimento del capitalismo globalizzato. I conti tornano e si chiarisce perché, in presenza di misure che soffocano l'Italia e la condannano al declino, Berlusconi incorona Monti come premier del centrodestra. Prevale il comune interesse di classe, che per il Cavaliere coincide con l'interesse personale.
È naturale che il professore non gradisca, e con lui non gradiscano i mercati. Dopo Casini e Fini, Montezemolo e Marchionne, l'endorsement di Berlusconi è come il bacio della morte. Perché spoglia il rettore bocconiano dell'immacolata vestizione del supertecnico che agisce nell'interesse generale, mettendo in mostra le basse volgarità degli interessi dell'oligarchia del capitale. Cade la maschera se c'è di mezzo l'ingombrante Berlusconi, e il prof. rimarrà nudo sulla scena. Ma in ogni caso, indipendentemente da come si configureranno gli schieramenti politici in vista delle elezioni, Mario Monti resterà il perno su cui ruoteranno i veri interessi della destra nel Paese. Prendiamone atto, e in tempo utile cerchiamo di trarne le necessarie conclusioni.