di Luca Fazio
Umberto Ambrosoli, il giorno dopo la vittoria, ha cominciato a mettere le mani avanti sapendo a quale tipo di abbraccio verrà sottoposto nei prossimi giorni. «La mentalità per cui si salta su carro del vincitore chiedendo posti e potere da oggi non vale più». I partiti del centrosinistra sono avvisati e dovranno muoversi con cautela perché il candidato alla Regione Lombardia potrebbe rivelarsi un osso più duro del previsto. Ambrosoli dice che «riconosce il ruolo fondamentale dei partiti» ma aggiunge anche «ho avuto come punto di riferimento il mondo dell'associazionismo e quindi immagino una squadra che abbia tutte queste componenti».
Non siamo ancora alla lista dei nomi, ma sembra un segnale poco incoraggiante per Pd e Sel, le formazioni che hanno scelto di stare con l'avvocato moderato che vuole allargare - verbo che piace al sindaco Pisapia - soprattutto alla società civile e... al centro.
Per ora i vertici dei partiti si stanno limitando alle smancerie, ma nei prossimi giorni cominceranno quelli che gli addetti ai lavori chiamano «bagni di sangue» - perché non ci saranno posti per tutti. «Siamo sicuri - dice Roberto Cornelli, segretario metropolitano del Pd - che Ambrosoli saprà riunire intorno a sé tutte le migliori risorse civiche, dalle associazioni ai partiti, ai candidati che con lui hanno corso per le primarie per aprire un nuovo corso».
A proposito di sicurezze, è certo che Andrea Di Stefano, la vera sorpresa di queste primarie con il 23,2% dei consensi, non può essere liquidato come un partito cui bisogna dare qualcosa. Di Stefano, oggi, è di più. Per Umberto Ambrosoli è un interlocutore imprescindibile se vuole avere la certezza di battere Roberto Maroni, e per la sinistra più o meno unita è un candidato con i fiocchi per tentare di schiodarsi da percentuali di voto a dir poco scoraggianti. I due non si sono ancora incontrati, ma lo faranno presto. E sembra che Di Stefano non abbia alcuna intenzione di accontentarsi delle briciole. «Io - spiega - ho idee precise e mi voglio confrontare con lui per capire se possiamo collaborare a un piano strategico che tenga insieme i temi economoci, sociali e ambientali di cui ho parlato in questi giorni. Non mi accontento di affermazioni generiche. Per esempio, se Ambrosoli dice che vuole ridurre l'Irap per sostenere le imprese che fanno ricerca voglio capire cosa significa, ho bisogno di definire un piano economico preciso. Insomma, non ho nessuna intenzione di ottenere un assessorato all'ambiente o alle attività produttive come un contentino».
Andrea Di Stefano sicuramente sarà a capo di una lista civica unitaria che cercherà di rappresentare tutta la sinistra lombarda, dalla Federazione della Sinistra (il Prc lo ha sostenuto con forza e discrezione) a tutti quei soggetti politici spaesati che da tempo non trovano approdi sicuri. «Io sono favorevole a questa operazione - spiega - ma sempre se riusciremo a risolvere i nodi programmatici, penso a un comitato per discutere e stendere il programma». Va in questa direzione il primo appello che sta circolando in rete: «L'unità della sinistra in una lista unica per la Lombardia diventa urgente e non rinviabile... La ventata d'aria di sinistra vera che il candidato Andrea Di Stefano ha portato alle primarie ci fa dire che ciò che tre mesi fa sembrava impossibile, oggi, con il candidato dell'utopia concreta può essere realizzato». Probabilmente ci staranno tutti, tranne Sel. Il partito di Nichi Vendola deve e vuole presentare la sua lista alle regionali per ragioni, diciamo così, di carattere strategico-nazionale: si sta col Pd per vocazione e quindi con Ambrosoli, e mai con il Prc, anche se il candidato Di Stefano - lo sanno i militanti di Sel - è di ben altra caratura.
Il Manifesto - 18.12.12