di Daniela Preziosi
Mercoledì 9 gennaio le firme saranno consegnate alla Cassazione perché proceda al vaglio. Ma le speranze che i referendum contro il nuovo articolo 18 «manomesso» dalla riforma Fornero e contro l'art.icolo 8 della legge Sacconi effettivamente si svolgano nel 2014, com'era nelle intenzioni dei promotori (Idv, Prc, Pdci, Sel, Alba e molti esponenti dei sindacati) sono sempre più deboli. Certo, spiegano al comitato promotore, il «fatto politico» del successo della raccolta c'è. Oltre ai leader dei partiti promotori, hanno firmato in moltissimi, compreso il candidato premier arancione Antonio Ingroia. La battaglia continuerà comunque nella prossima
legislatura: il presidente del comitato, il giuslavorista Pier Giovanni Alleva, con ogni probabilità sarà nelle liste arancioni. Giorgio Airaudo, responsabile auto della Fiom, e fra i primi firmatari dei quesiti, è nelle liste di Sel.
Ma i referendum potrebbero sfumare. Il deragliamento della vicenda nasce dalla scelta del presidente della Repubblica Napolitano di sciogliere le camere qualche giorno prima del 4 gennaio 2013, e cioè il termine entro il quale le firme potevano essere utilmente presentate. Il comitato promotore aveva scritto al capo dello stato un appello accorato «affinché, nel suo ruolo di garante della Costituzione, nel decidere la data di scioglimento delle camere, salvaguardi anche i diritti delle centinaia di migliaia di cittadini che hanno firmato e cui ormai il referendum appartiene». Dal Colle la risposta, negativa, è arrivata con i fatti.
A questo punto le firme - che sono ben più delle 500mila necessarie, ma il leader Idv Di Pietro sostiene che siano addirittura un milione - saranno depositate alla Cassazione che entro settembre dovrà dire la sua quanto all'interpretazione della legge che regola la consultazione. Nel frattempo il comitato promotore mercoledì stesso terrà una conferenza stampa durante la quale di nuovo si appellerà a Napolitano e al governo in carica, benché dimissionario, e a quello prossimo, perché si adoperino per un decreto ad hoc che «salvi» le firme raccolte e soprattutto il significato politico di petizione popolare contro il nuovo art.18 che in ogni caso hanno ormai assunto. Qualche precedente c'è, spiegano i referendari, ma certo il vero punto debole è la volontà politica di salvare la consultazione. E quanto a questo governo, che ha proposto la legge Fornero, neanche parlarne. Quanto al prossimo, anche nella più rosea delle previsioni, questa volontà sarebbe prossima allo zero, visto che il Pd ha criticato i quesiti e il suo segretario ha più volte annunciato che, se sarà per lui, la legge Fornero ce la terremo così com'è. Nonostante l'alleato Vendola, che è nel comitato promotore dei referendum. E che ora è atteso dagli altri referendari all'appuntamente di mercoledì per la consegna delle firme.
da il manifesto