ingroiarivoluzionedi Antonio Ingroia
Buongiorno, dottor Ingroia, bentornato in Italia”, la voce gentile dell'hostess Alitalia mi sveglia. Sono le 7 del 7 gennaio. Mi affaccio dal finestrino e vedo le luci dell'alba che illuminano ll'Appennino. Sul monitor dell'aereo le immagini di Prometeus, l'ultimo film dell’immaginifico Ridley Scott. Il protagonista si interroga sulle domande cruciali : “ Da dove veniamo? Qual è il nostro scopo? ”, nella storia aggiornata del mito del titano Prometeo che voleva dare alla razza umana piena dignità e perciò venne cacciato dall'Olimpo. Le domande cruciali che ogni tanto bisogna porsi nella vita per non vivere alla giornata. Per avere obiettivi alti, ambiziosi.

Fino a ieri ero in Guatemala. Ho chiuso il mio lavoro contro le strutture criminali di quel Paese che ho condensato in un rapporto finale indirizzato alle Nazioni Unite dove ho sintetizzato l'attività svolta e i miei suggerimenti operativi per rendere più efficace l'azione contro l'impunità a ogni latitudine, Guatemala compreso. Dove c'è molto da fare, ma non solo a livello giudiziario. Ma soprattutto a livello politico-istituzionale. Il nodo della lotta alle mafie è sempre politico. Lo diceva Paolo Borsellino. E su questo versante c'è molto da fare. Anche qui in Italia. Soprattutto in Italia. Dove si è fatto molto a livello giudiziario e troppo poco a livello politico. Anzi la politica spesso ha fatto come Penelope, disfacendo nottetempo la tela che la magistratura tesseva. È venuto il momento di cambiare pagina. In Guatemala l'hanno capito subito. Ho spiegato ai vertici dell'Onu impegnati in quel paese e agli esponenti più in vista della società civile le ragioni del mio prematuro, quasi precipitoso, rientro in Italia e hanno capito subito. Quando la Patria chiama, mi dicevano forse un po' enfaticamente, occorre rispondere, essere pronti. E mi ricordavano l’analoga esperienza verificatasi con il mio predecessore, un argentino, che dopo pochi mesi lasciò l'incarico di capo delle Investigazioni Onu in Guatemala per tornare nel suo Paese come candidato al Parlamento, di cui oggi è membro. Nessuno scandalo né in Argentina né in Guatemala. In una certa Italietta di provincia, invece, pare che la mia candidatura abbia fatto scandalo. Ma gli scandali sono altri, o altri dovrebbero essere. Non certo qualche pm che lascia la carriera investigativa per entrare in Parlamento, ma i troppi delitti commessi da parlamentari. L'esercito di imputati e condannati che stanno in Parlamento e che aspirano pure a rientrarvi, nonostante inchieste, denunce e condanne. Questo è il vero scandalo. Una casta che si è impossessata dei poteri e dei soldi pubblici per interesse personale. Addirittura per comprarsi gli elettrodomestici. Come siamo caduti in basso ! Eora siamo entrati nella fase cruciale. La formazione delle liste delle prossime elezioni politiche. Liste, a quel che si legge sui quotidiani, piene di impresentabili. Un seggio al Parlamento offerto come isola di salvezza e impunità da inchieste e condanne della magistratura. Come ci siamo ridotti così? Delinquenti a caccia di impunità facili, politici che hanno fallito e cercano ricompense. Una folla ansimante e scalpitante che preme alle porte del prossimo Parlamento. È possibile fermarli? Un grido di allarme. Una richiesta al senso di responsabilità di ciascun leader : fermateli, fermatevi. È l'ultima spiaggia, l'ultima occasione per non perdere ogni credibilità dell'istituzione agli occhi dei propri cittadini. Questo Parlamento uscente non è riuscito, perché non ha voluto, fare una legge efficace che imponesse liste pulite. Infatti, il rischio di inquinamento delle liste è altissimo. Guardatevi dentro, e al vostro interno. Cacciate gli indegni. Per carità. Lo dico contro il mio interesse. Potrei fare la prossima campagna elettorale all'insegna delle liste pulite. Ma quella dovrebbe costituire la precondizione comune e preferirei confrontarmi sul programma politico di ciascuna lista. Quindi, non mi facilitate il compito...

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