di Riccardo Chiari

La Fiom continuerà a battersi in ogni fabbrica contro quel vero e proprio furto di democrazia che impedisce a lavoratrici e lavoratori di decidere sulle loro condizioni di lavoro. In risposta all'accordo separato firmato da Federmeccanica con Fim, Uilm e Fismic che di fatto abolisce il contratto nazionale, l'assemblea nazionale di Cervia dei metalmeccanici Cgil dà il via libera a una «carta rivendicativa», con una base comune di diritti su tutto il territorio e non derogabile dal secondo livello di contrattazione. Con l'obiettivo di impedire l'applicazione dell'accordo separato del 5

dicembre, giudicato illegittimo, non rappresentativo, non votato e tale da manomettere i più elementari diritti.
«Dobbiamo aprire una discussione di massa nei luoghi di lavoro - ha spiegato Maurizio Landini ai 552 delegati dell'assemblea - dobbiamo far votare fabbrica per fabbrica, chiedendo il consenso ai lavoratori, il mandato per aprire vertenze aziendali e territoriali, e rendere così inapplicabile quell'accordo attraverso un altro accordo che garantisce i diritti». Primo fra tutti quello di poter esprimere liberamente il proprio giudizio: non per caso dall'assemblea della Fiom è arrivato anche il via libera a una serie di iniziative territoriali da organizzare in questo periodo di campagna elettorale. Delle «giornate della democrazia», una ogni settimana, per chiedere alla politica cosa intenda fare sui temi cardine della democrazia e della rappresentanza sui luoghi di lavoro. Perché un fatto è certo: «Le leggi fatte in questi ultimi anni dal governo Berlusconi prima e dal governo Monti poi, dalla modifica dello Statuto dei lavoratori all'articolo 8, hanno messo in discussione il diritto al lavoro: le persone che noi rappresentiamo hanno registrato un peggioramento secco delle loro condizioni, e le disuguaglianze sono aumentate».
Di qui la richiesta alle forze politiche considerate più sensibili ai temi del lavoro. Con una avvertenza: «Vogliamo un confronto alla pari. Auspico che non siano né Berlusconi né Monti a guidare il paese. Ma non basta questo a garantire che le cose vadano meglio. Qui serve una legge sulla rappresentanza per uscire dalla pratica degli accordi separati - osserva Landini - e interventi sulle pensioni dato che abbiamo l'età pensionabile più alta d'Europa e i giovani non entrano». Quanto alle politiche industriali, «è necessario un nuovo intervento pubblico nell'economia, su questo fronte stiamo pagando ritardi e errori anche dei governi di centrosinistra. Non si può dire che Obama e Hollande sono bravi quando difendono le loro aziende, e non dire che hanno fatto investimenti pubblici. Quando il 90% delle tasse in questo paese sono pagate dai lavoratori dipendenti, chiedere che una parte di queste risorse venga investita, combattendo in parallelo l'evasione fiscale, dovrebbe essere un tema cardine di una campagna elettorale».
Nella «carta rivendicativa» c'è la richiesta di una riduzione degli orari di lavoro per evitare la cassa integrazione a zero ore - che finisce per colpire sempre gli stessi operai - e difendere tutta l'occupazione, anche quella precaria e in appalto. La richiesta va in direzione opposta all'accordo separato, nel quale è messo nero su bianco l'aumento dell'orario con il raddoppio dello straordinario obbligatorio. «La riduzione è possibile attraverso l'uso dei contratti di solidarietà e la cig ad ore - sottolinea il segretario generale della Fiom - che vanno incentivati. Se poi c'è la necessità di un maggior utilizzo dell'impianto siamo disposti a contrattare sugli orari ma collettivamente con le Rsu, non individualmente. Invece l'aumento dell'orario, previsto anche dall'accordo sulla produttività oltre che da questa disastrosa intesa separata, porta solo a ulteriori tagli». Sempre contro l'accordo separato c'è la rivendicazione di minimi salariali senza alcuna deroga e il pagamento dei primi tre giorni di malattia. Il documento presentato da Landini ha ottenuto il voto del 73% dell'assemblea, 384 delegati su 552. Contrari i 34 delegati della Rete 28 Aprile: «Questo documento - dice Sergio Bellavita - fa l'occhiolino al centro sinistra". Astenuti i 109 della minoranza «riformista», che di fatto chiedono di uscire dalla strada degli accordi separati.

da il manifesto

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