di Matteo Pucciarelli
Punto e a capo, siamo alle solite. Uno spettro si aggira per le nostre case. Non è il comunismo, ma il “voto utile”. C’è un altro “ma”, però. Perché più che il “voto utile”, bisognerebbe considerare la presenza del “voto inutile”: pensare di dare un voto di sinistra a chi si allea il giorno dopo le elezioni con Monti – cascasse il mondo, lo ha detto Pier Luigi Bersani – ecco, quello mi sembra un atto abbastanza inutile.
Bisognerebbe tornare indietro con la memoria e ricordarsi di come andò a finire l’ultima volta che si parlò del “voto utile”: chi votò “utilmente”, quella volta, si rese complice di molteplici crimini, tra i quali aver portato in Parlamento Massimo Calearo, Paola Binetti, svariati radicali sempre attenti a salvare più volte la maggioranza di Berlusconi, e una vasta gamma di trasformisti un tanto al chilo.
Votare “utilmente” ha significato inoltre farci ritrovare in Costituzione l’obbligo di pareggio di bilancio. «E sticazzi», direte? Quando il prossimo governo, retto da Bersani o da Monti o da Berlusconi o da Oscar Giannetto, dovrà varare una manovra da 40 miliardi di euro per rispettare l’impegno – e lo dovrà fare pure nel 2014, 2015, 2016, 2017… – forse quella parolina (fiscal compact) si mostrerà per quel che è, in tutta la sua distruttiva potenza.
Allora, niente ricatti neanche stavolta e anzi, soprattutto stavolta. Programmi alla mano, un voto con coscienza. E magari con un minimo di coerenza.
PS. Per citare Luciano Gallino a proposito di fiscal compact: «Ridurre davvero il nostro debito pubblico nella misura e nei tempi richiesti dal Trattato in questione è un’operazione che così come si presenta oggi ha soltanto due sbocchi: una generazione o due di miseria per l’intero Paese; aspri conflitti sociali; discesa definitiva della nostra economia in serie D». Auguri.