di Antonio Sciotto
Per il sindacato guidato da Landini l'azienda e i firmatari del contratto sono pronti ad accettare tagli e salari individuali.
Le rassicurazioni di Sergio Marchionne da Detroit, l'acqua sul fuoco gettata da Cisl e Uil sono serviti a poco: alla Fiat la tensione è sempre più vicina ai livelli di guardia, e dall'annuncio della cassa integrazione a Melfi è stato un precipitare di paure e domande: che fine faranno gli stabilimenti italiani? Non è che la cassa verrà utilizzata per licenziare? Il sospetto, pressante, è stato messo ieri nero su bianco da Michele De Palma, responsabile Fiom per l'auto, che in una nota molto articolata ha dato corpo ai timori delle tute blu: «Il nuovo piano Fabbrica Italia prevede licenziamenti e cancellazione dei minimi», spiega il responsabile Fiom, «con l'accettazione di Fim, Uilm, Fismic e Uglm».
Insomma un attacco frontale al Lingotto, ma anche agli altri sindacati, che barricati dietro il contratto separato avallerebbero non solo la diminuzione di fatto delle retribuzioni (attraverso un aumento salariale, in discussione da ieri, che la Fiom ritiene inadeguato), ma anche e soprattutto i licenziamenti. «Il piano Fabbrica Italia, se mai è esistito realmente, è scomparso - dice De Palma - E con esso sono spariti gli investimenti, il piano industriale, l'occupazione, il salario e le promesse di una vita in fabbrica meno pesante. La realtà è sotto gli occhi di tutti: Fiat chiude Termini Imerese, la Irisbus della Valle Ufita, e la Cnh di Imola. La cassa aumenta, alternandosi a un aumento dei ritmi di lavoro, al comando della prestazione senza nessuna negoziazione, a un aumento dell'insicurezza sul posto di lavoro, e alla cancellazione della democrazia»
Sul nodo caldo dei licenziamenti, in particolare, la Fiom segnala innanzitutto l'«emergenza Pomigliano», che però getta un'ombra di allarme anche sul futuro di Melfi e su tutti gli altri stabilimenti: «Oggi, a meno di tre anni dall'intesa di Pomigliano - denuncia De Palma - 1.400 sono i lavoratori in cassa integrazione a zero ore, a cui si aggiungono i circa 800 della Magneti Marelli di Napoli. Per circa 2.200 addetti gli ammortizzatori sociali scadranno a luglio e per loro si concretizza il rischio del licenziamento, visto che nel verbale firmato dalla Direzione aziendale, Fim, Uilm, Fismic e Uglm, sulla illegittima procedura di mobilità per 19 lavoratori si scrive: «I sindacati e le Rsa in questa fase temporale in base agli attuali livelli produttivi, riconoscono l'oggettiva sussistenza delle eccedenze»; e ancora: «In questo contesto di grave calo del mercato è emersa l'obiettiva impossibilità di ulteriori incrementi di organico di Fabbrica Italia Pomigliano».
«Le parole "obiettiva" e "oggettiva", aggiunge De Palma, sono state usate nel testo dai sindacati complici per liberare la Fiat da ogni responsabilità sui futuri esuberi a Pomigliano, ma anche negli altri stabilimenti».
E qui vengono le attese di guai anche per gli altri: «Cosa accadrà a Melfi - si chiede De Palma - dove è stato comunicato l'inizio di 24 mesi di cassa, a Mirafiori, a Cassino, a Modena e a tutti gli stabilimenti che producono cambi e motori come Termoli, Avellino o Foggia? E agli stabilimenti Marelli, a tutto l'indotto e alla componentistica?». L'accusa agli altri sindacati, che «stanno cancellando la possibilità di aprire un tavolo nazionale», è quella di fare strada ai licenziamenti di massa».
Preoccupata per l'indotto, oltre che per la Sata di Melfi, è anche la Cgil nazionale, che ieri ha diffuso una nota in cui manifesta la richiesta di vedere al più presto un piano industriale della Fiat, finora ignoto.
Ma l'allarme lanciato dalla Fiom non si ferma qui. C'è un'altra accusa: la Fiat e gli altri sindacati vogliono di fatto cancellare i minimi uguali per tutti: «Sparirebbero gli aumenti sui minimi contrattuali, sostituiti da un premio di qualche decina di euro lordi, calcolato sulla base della presenza. In questo modo si sta istituendo un vero e proprio salario individuale differenziato da persona a persona».
Al tavolo Fiat separato intanto, che riaprirà oggi, la Fiat ha offerto un aumento di 40 euro lordi, ma legati alla prestazione; i sindacati chiedono invece che siano parte della paga base. Il Lingotto ha fatto sapere che valuterà la controproposta, ma a patto che si discuta a questo punto anche un riequilibrio con il premio di produttività.
Il Manifesto - 17.01.13