di Cosimo Rossi
“I diritti di chi lavora si garantiscono applicando la Costituzione con una legge sulla rappresentanza che consenta a ciascuno di scegliersi la propria organizzazione e non cancellando i sindacati”. Chiamato in causa direttamente, il segretario generale delle tute blu Cgil, Maurizio Landini, respinge così il distinguo di Beppe Grillo.
Per chiarire che Cgil-Cisl-Uil sono “vecchi” e “da eliminare” Grillo afferma che invece il Movimento 5 stelle “condivide tante battaglie” della Fiom e sostiene che la tutela del lavoro non debba passare più attraverso il sindacato bensì attraverso la partecipazione diretta nelle aziende.
Faccio notare che questo sindacato si chiama Fiom-Cgil e, dopo la propria nascita 111 anni fa, ha ritenuto fosse utile dar vita insieme ad altri sindacati di categoria alla confederazione che si chiama Cgil. E vorrei ricordare che attraverso le loro organizzazioni i lavoratori sono stati un baluardo della democrazia in questo paese.
Ciò detto, personalmente non ho mai avuto il piacere di conoscere Grillo, ma se lui e il suo movimento hanno condiviso le battaglie fatte in questi anni come Fiom ne prendo atto positivamente. Vorrei aggiungere che i sindacati non si misurano per dimensione ma per grandezza delle idee che rappresentino gli interessi di chi lavora. E in questo paese i diritti di chi lavora andrebbero ulteriormente garantiti arrivando a fare leggi sulla rappresentanza che permettano ai lavoratori di scegliersi il sindacato e che impediscano alla Fiat di fare quel che sta facendo. Da questo punto di vista non voglio rispondere a Grillo, ma porre un problema a tutte le forze politiche che si candidano al governo del paese.
Quale problema?
Sarebbe utile che in questa campagna elettorale tutti gli schieramenti affermassero con precisione quali idee hanno per difendere chi lavora, cominciando da una legge sulla rappresentanza e sulla democrazia messa in discussione proprio a partire da luoghi di lavoro. E questo non si risolve cancellando sindacati, ma applicando la Costituzione sia per quanto riguarda la rappresentanza reale sia per quanto attiene al tema della funzione sociale dell’impresa: dando cioè maggiori diritti a chi lavora. E non si tratta di fantasie, ma di quanto previsto negli articoli 1, 3, 39, 46 della Carta, dove si dice che le persone si realizzano attraverso il lavoro e la libertà di impresa ha una finalità sociale, com’è scritto nell’articolo 46. Perché oggi il problema non è cosa facciano i sindacati ma cosa facciano le imprese.
E questo cosa vuol dire per la politica?
Vuol dire difendere i contratti nazionali, non cancellarli come avviene con l’art. 8 della legge 148/2011. E vuol dire anche introdurre forme di partecipazione alla vita delle imprese per decidere le scelte e gli investimenti. Invece in questi anni si è sottorappresentato il lavoro e il peggioramento delle sue condizioni oggi mette a rischio la presenza stessa delle imprese. Questo chiama in causa scelte di politica industriale e, a mio avviso, anche di intervento pubblico in economica che chi si propone al governo del paese deve affrontare.
A questo proposito proprio in queste ore tra Cgil e Pd si è vista una dissonanza riguardo al modo di reperire le risorse attraverso una tassazione patrimoniale…
Noi siamo un sindacato indipendente che chiede alle forze politiche semplicemente di dire prima del voto cosa intendano fare. Perciò come Fiom lo scorso giugno ci siamo rivoti a tutte le forze politiche, da Bersani a Vendola a Di Pietro, e alla società civile per chiedere un cambiamento rispetto alle politiche del governo Berlusconi prima e Monti poi. Abbiamo chiesto la cancellazione dell’art. 8 della legge 148/2011, una legge sulla rappresentanza e anche una patrimoniale che attraverso la tassazione sulle rendite consenta un piano di investimenti. E continuo a pensare che in un paese col nostro tasso di evasione fiscale e un sistema di redistribuzione della ricchezza così a svantaggio di chi lavora una tassazione patrimoniale avrebbe un preciso significato in termini di politica industriale e per chi lavora. Queste richieste abbiamo intenzione di perseguirle prima e dopo il voto con la nostra autonomia di sindacato, e in questo senso ci muoviamo. Se davvero partiti hanno a cuore che si superi una fase di divisione tra sindacati senza precedenti, credo che il tema centrale oggi sia fare una legge sulla rappresentanza che rimetta nelle mani dei lavoratori il diritto a costruire una vera unità sindacale: quindi il diritto a scegliersi i delegati e il sindacato e a votare gli accordi.
dal Fatto quotidiano