111228vladimiro_giaccheVladimiro Giacchè
Se le cose in Europa non cambiano, e velocemente, l'euro rischia grosso. «Per quanto grandi siano i costi di una rottura dell'unione monetaria, se la moneta unica finisce per significare rendimenti dei titoli di Stato fuori controllo, deflazione salariale e recessioni economiche prolungate, prima o poi il problema si porra". Riportiamo ampi stralci dell'intervista di Vladimiro giacchè responsabile Affari Generali della Sator di Matteo Arpe, che, precisando di parlare a titolo personale, ha rilasciato ad Adnkronos sulla situazione in cui versa la moneta unica e sulla crisi. Dopo il 'patto fiscale concordato da 26 Paesi dell'Ue nel corso del vertice di inizio dicembre. Normalista, studi universitari condotti tra Pisa e Bochum e poi incarichi di alto livello nel Mediocredito Centrale e nel gruppo Capitalia, Giacchè è autore di numerosi volumi. «E prima o poi - dice - qualcuno potrebbe essere tentato di anticipare i tempi e far saltare il banco, per non arrivare privo di risorse alla meta». «Credo che tutte queste cose dovrebbero essere attentamente considerate da chi gestisce le cose in Europa. Anche perchè dovrebbe essere evidente che la sfiducia degli investitori riguarda ormai in primo luogo la capacità dell'establishment europeo di gestire con efficacia la situazione». ?I rischi per la moneta unica sono tali che la possibilità di una sua sparizione non sono avanzati solo dagli esperti e dai giornali, ma sono ormai inseriti nei prospetti informativi destinati agli investitori, come, ad esempio, quello pubblicato da Unicredit nei giorni scorsi.

Per Giacchè, «non è stato deciso nulla di ciò che sarebbe necessario, e si sono fatte cose che non servono. Non c'è alcun via libera alla Bce per acquisti illimitati di titoli di Stato europei, mentre vengono ampliati i prestiti della Bce alle banche private. E come si è visto nei giorni scorsi questo non comporta alcun beneficio per gli Stati in difficoltà. Non c'è alcun via libera agli eurobond. C'è un potenziamento abbastanza di facciata dell'Esm, che è assolutamente insufficiente: la dotazione è stata portata a 500 mld di euro, da 440 mld». «La verità - dice Giacchè all'adnkroos - è che questo fondo è assolutamente insufficiente a fronteggiare crisi per stati come Italia e Spagna e un domani, magari, altri Stati di una certa dimensione. Questo si lega all'ipotesi, che io considero bizzarra, di coinvolgere il Fmi. Molti analisti hanno interpretato la richiesta agli stati membri di versare fondi all'Fmi come un trucchetto per moltiplicare i fondi a disposizione per l'Europa, migliorando le possibilità di salvare gli Stati che l'Esm non può salvare, è evidente che gli Stati europei dovranno intanto indebitarsi maggiormente per versare soldi al Fmi. E non si vede per quale motivo si debba coinvolgere il Fmi per un salvataggio che potrebbe essere fatto in casa. Come al solito, è una soluzione barocca. Tutta questa vicenda è costellata da tentativi di risolvere in modo mediato cose che non si vogliono affrontare di petto». Il problema, continua, «è che il trattato vieta alla Bce di prestare soldi agli Stati, cosa che fa della Bce una cosa sostanzialmente diversa da una banca centrale. Il punto è se si vuole che la Bce sia una banca centrale oppure no. L'unica unione fiscale che abbia senso è un'unione fiscale che avvicini le aliquote nei singoli Paesi. Anche su questo, nessun passo avanti. Finchè questo non c'è, non esiste alcuna unione fiscale, perchè non viene impedito uno dei peggiori vulnus all'Europa, il dumping fiscale esercitato da membri dell'Ue, non solo dall'Irlanda». «Se mettiamo insieme tutte queste cose - conclude Giacchè - allora capiamo perchè Martin Wolf sul Financial Times ha definito il summit di dicembre un fallimento disastroso. Il patto per la stabilità e la crescita è diventato un patto per l'instabilità e la stagnazione».?

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