di Marco D'Eramo
L'Europa è in balia del rating. E a ogni minimo sussurro di un'agenzia, l'euro compie un passo in più verso l'abisso. Lo si è visto ieri quando Standard & Poors' (S & P') ha annunciato di aver degradato la Francia (e l'Austria) dalla tripla A (AAA) ad AA+: retrocessione anche per Italia, Spagna e Portogallo. I francesi, colpiti al cuore nella loro grandeur, non l'hanno presa bene. Per il consigliere di Nicholas Sarkozy, Alain Minc, queste agenzie «non sono più nemmeno 'pompieri piromani', sono peggio». L'annuncio ha mandato a picco le borse. Non solo: ha innescato una mina micidiale sotto la valuta europea: tutte le speranze di salvataggio erano riposte nel duumvirato franco-tedesco, ma ora la Francia è indebolita, il club dei paesi «virtuosi» si restringe e il «fondo salvastati» non può più rastrellare fondi a basso tasso d'interesse. (E intanto le trattative con la Grecia venivano sospese.)
È l'ultima, ridondante riprova dello strapotere di queste agenzie private possedute dai più potenti capitalisti Usa: Moody's è controllata da Warren Buffett attraverso il suo fondo Berkshire Hathaway, S & P' dalla famiglia Lovelace attraverso il fondo Capital World Investors di Los Angeles; e questi fondi speculano sulle stesse valute su cui le agenzie di rating da loro possedute esprimono i propri giudizi: è poco giudicarlo un «conflitto d'interessi».
Queste agenzie agiscono come monarchi assoluti: il loro verdetto è insindacabile; decidono a proprio piacimento quando e come emettere i loro «oracoli» che sono vere e proprie lettres de cachet senza possibilità di appello; e lo loro profezie hanno il magico potere di autorealizzarsi, visto che spingono sulla china del declino economico quei paesi che diagnosticano in discesa.
Sono monarchi assoluti perché delle costituzioni dei vari paesi fanno carta igienica, perché ogni loro verdetto abroga un aspetto dopo l'altro della democrazia.
Ma i monarchi sono assoluti perché i loro sudditi non si ribellano. E il potere delle agenzie di rating è dovuto per buona parte all'imbelle, velleitaria gestione franco-tedesca di questa crisi ormai da quasi due anni.
L'Europa avrebbe potuto evitare questo avvilente spettacolo se si fosse vista almeno una parvenza di democrazia europea. Ma invece costituzioni sono state revocate, democrazie sospese e il potere affidato direttamente a banchieri o a tecnici consulenti di banchieri.
Ribadiamo: senza una politica economica comune l'euro non è sostenibile. Ma una politica comune non è neanche pensabile senza una struttura di governo comune democraticamente eletta (altrimenti avremmo una tirannia europea). Solo una struttura simile sarebbe in grado di ridurre a più miti consigli l'arroganza delle agenzie di rating, di cui ormai ci si può cominciare a chiedere a che gioco stanno giocando e chi inziga chi (e quale ruolo ambiguo ha il Tesoro degli Stati uniti). Lo sappiamo che è una speranza quasi vana, ma altro non ci resta.
P.S. Va detto che nomen omen: l'agenzia fissa arbitrariamente lo Standard e a noi ci lascia Poors'.
Il Manifesto 14 Gennaio 2012