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Il comunicato del Cdr e della Rsu di Liberazione

Care lettrici, cari lettori,

ci interroghiamo con angoscia in queste ore per trovare una spiegazione razionale agli ultimi eventi che hanno coinvolto Liberazione e confessiamo di non riuscirci.

Scriviamo tornando dalla manifestazione "Gazebo per il pluralismo", un presidio in piazza del Pantheon a Roma nato da un'idea scaturita qui, nella nostra assemblea, e animata dalle redazioni di alcuni dei giornali più a rischio (con noi, Terra, manifesto e Unità), affiancate dal sindacato dei giornalisti e dalla Slc Cgil. In una delle più belle piazze romane abbiamo montato piccole tende stile "indignados" spagnoli e abbiamo raccontato come i tagli di Berlusconi e il mancato rifinanziamento di Monti stiano strangolando i nostri e altri cento piccoli giornali indipendenti, insieme al diritto dei cittadini italiani a una informazione non omologata. In quella piazza, dentro quel movimento di cui siamo orgogliosi di essere un punto di riferimento (in cui, lo confessiamo, avremmo voluto vedere al nostro fianco i responsabili della Mrc e i dirigenti di Rifondazione comunista, mentre abbiamo visto un solo compagno del Prc, il segretario della Federazione di Roma, Fabio Alberti, che ringraziamo ancora di cuore) abbiamo provato a spiegare le pessime novità che ci riguardano. E ci è venuta in mente una sola parola: panico.
In questo senso la vicenda del nostro giornale è probabilmente emblematica del baratro in cui l'incertezza della situazione dei finanziamenti all'editoria sta spingendo tanti piccoli editori.

L'impossibilità di programmare il futuro, e i tagli che, se il governo non porrà rimedio subito, sono pari al 70% dei contributi precedenti sono sufficienti a scatenare panico.
E' in questo quadro che forse dobbiamo guardare alle scelte del nostro editore: scelte che a noi paiono irrazionali, inspiegabilmente controproducenti, autolesioniste. Abbiamo detto suicide, una definizione che ci rendiamo conto possa dispiacere, ma che è difficile sostituire con un eufemismo. Forse avremmo dovuto dire dettate da un'ansia accecante.

La prima di queste scelte è stata quella di interrompere il giornale cartaceo, l'unico che a legislazione vigente ci dà diritto ai finanziamenti, sia pure decurtati.
Per ottenere il finanziamento servono 250 numeri. La draconiana ristrutturazione che già da tempo stiamo affrontando ha imposto l'uscita 5 giorni a settimana: ferma restando questa organizzazione sarebbe stato necessario tornare nelle edicole il 13 gennaio. Lo abbiamo fatto presente con allarme, avendo presentato un piano di emergenza per un giornale ridotto all'osso (4 pagine, costi abbattuti, ricavi aumentati con un aumento di prezzo emergenziale). Ci è stato risposto dal segretario del Partito che se necessario potremmo uscire 6 giorni a settimana, o addirittura 7. Difficile con le presenze dimezzate dal contratto di solidarietà (già ora lavoriamo ruotando in 17 su 8 posti di lavoro giornalistico e in 14 su 9 posti poligrafici), ma non mettiamo limiti alla provvidenza. La prossima data limite per la resurrezione del giornale cartaceo, attestandosi su 6 numeri a settimana (peccato per i maggiori costi di carta tipografia e distribuzione) cade a metà marzo. Ma non ci sono segnali di possibile ripresa delle uscite. E il finanziamento, cui pure abbiamo diritto, potrebbe volatilizzarsi. Abbiamo fatto una conferenza stampa su questo, alla Camera, con lo stato maggiore di Fnsi e Slc, i parlamentari Vincenzo Vita, Giuseppe Giulietti, i cdr di altre testate a rischio. Il titolo provocatorio "Rifondazione comunista rinuncia al finanziamento pubblico per Liberazione?" ha creato grossi malumori. Noi non siamo convinti che fosse sbagliato, né tanto meno che l'iniziativa sia stata controproducente.

La seconda scelta è il “piano" presentato al tavolo sindacale con la Fieg e la Fnsi il 17 gennaio.
L'attività editoriale dovrebbe continuare secondo la Mrc attraverso un doppio prodotto: il sito internet, che costituisce una testata a sé, registrata al Tribunale,(«con l'aggiornamento della notizia di apertura nella fascia oraria 12-19 dal lunedì al sabato», spiega il documento consegnato alle parti, in base a una selezione che «darà la priorità a notizie di politica interna, economia, sindacale sempre accompagnate da un breve commento del direttore») e due pagine in versione Pdf (una “Prima pagina", citiamo ancora testualmente, caratterizzata da «foto a tutta pagina con titolo breve e sommario argomentato, accompagnato da editoriale sul tema del giorno a firma di qualificati commentatori, anche esterni alla redazione» e «un'altra pagina di notiziario»). Per confezionare questi due prodotti l'Mrc ha sostenuto di ritenere necessarie le seguenti «risorse»: Direttore, Vicedirettore, un redattore, «assistiti da un poligrafico».
Invano abbiamo supplicato che questa sciagurata ipotesi fosse ritirata. Invano abbiamo avvertito al tavolo sindacale che saremmo stati costretti a denunciarla pubblicamente. Abbiamo stigmatizzato questa scelta in modo molto duro, abbiamo parlato di imbroglio, abbiamo parlato di giornale "finto", di un'ipotesi di uso improprio e scorretto del denaro pubblico, cioè dei cittadini. Abbiamo scritto in un comunicato che «con incredulità e dolore» ci trovavamo a dover annoverare d'ora in poi il nostro editore tra i “furbetti dell'editoria". Credete che l'abbiamo fatto a cuor leggero? Con superficialità? Che non ci sia costato?
Ma purtroppo i fatti parlano. E non bastano le perorazioni del nostro direttore a cancellarli. Preservare un solo posto giornalistico e un solo posto poligrafico è o non è azzerare la redazione? Sostituire il giornale così come l'abbiamo fatto fino adesso, e anche il giornale di 8 - 9 pagine a cui vi state affezionando in formato Pdf pieno degli echi della nostra e di tante altre battaglie contro la crisi, al fianco dei tanti che la crisi non prodotta da loro non vogliono pagarla (sono queste, direttore, le «incursioni» che giudichi «ingovernabili»?), con due misere paginette è o non è un giornale finto? Di quelli fatti solo per prendere i fondi pubblici? Di quelli che, insieme, abbiamo sempre denunciato?

La vita di Liberazione è lunga vent'anni. Questo giornale è stato diretto, solo per citare grandi direttori “storici" da Luciana Castellina, Lucio Manisco, Sandro Curzi. Successive ondate di lettori e lettrici, interni ed esterni a Rifondazione, ma tutti e tutte dentro la storia larga della sinistra nel nostro paese l'hanno letto, l'hanno amato, l'hanno contestato, comunque sentendolo proprio. Questa storia non può finire così ingloriosamente. A questo ci siamo ribellati. E continueremo a farlo.

Ed eccoci alla terza scelta. La più assurda, la più terribile, la più insensata. La chiusura del giornale in Pdf e dell'attività del sito internet (con tanto di blocco delle password per noi che ci lavoriamo). Una decisione della direzione, di concerto con l'editore, una tragica "punizione" a una redazione che non rinuncia a dire la verità, a esprimere nello scontro sindacale (perché di scontro si è trattato) il proprio punto di vista, anche duro,certo, anche durissimo. Ma espresso di fronte a fatti gravi, anzi gravissimi.
Tragica punizione anche a voi lettori, che con affetto e condivisione ci state seguendo, che vi priva del vostro giornale, e di quel di più di passione che in queste ultime settimane lo ha animato rendendolo punto di riferimento per tutti coloro che si stanno battendo per il diritto all'informazione in Italia. Tragica autopunizione per la stessa Mrc, che nel momento in cui assevera la possibilità di continuità editoriale tra cartaceo e Pdf cancella anche il secondo mezzo. Così, tanto per farci/farsi del male.

Domenica ospiteremo qui in viale del Policlinico “Altrochecasta", una maratona di testimonianze sulla realtà vissuta del lavoro giornalistico, animata in primo luogo da giornaliste/i precari/e e di testate a rischio ( Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. ). Abbiamo appena aperto un blog (occupyliberazione.wordpress.com) per tenervi informati sulla nostra vicenda durante questo black out.

Ma questa follia non può continuare. Vogliamo che la ragione ritorni.
Chiediamo alla direzione di riconsiderare una decisione autodistruttiva. Liberazione in Pdf deve tornare a vivere.
Supponiamo che ciò che è stata definità «ingovernabilità» non sia la dialettica che ha impegnato direzione e redazione nelle ultime settimane, tra "dovere" del giornale supposto mainstream e passione di un giornale di lotta e di tendenza. Per tre giorni il Pdf non è uscito per indisponibilità della redazione (che lavora, ricordiamolo, per propria libera scelta, in ferie coatte, e con la minaccia della cassa integrazione a zero ore - triste a questo proposito sentire un direttore con un importante passato da sindacalista invocare l'incontro alla Regione per esaminare una richiesta unilaterale dell'azienda), in un caso impegnata in una assemblea fiume con lo stesso direttore, negli altri due colpita da fatti molto gravi intervenuti nelle relazioni sindacali. Basta non produrre eventi choc per non turbare la fattura del prodotto e il problema è risolto.

All'amministrazione chiediamo che ritiri il piano due pagine-due lavoratori, un piano assurdo, che ovviamente non potrà beneficiare dei soldi dello Stato. Diamo atto dei vent'anni di utilizzo assolutamente onesto del finanziamento pubblico e proprio per questo chiediamo di non sporcarli con un colpo di coda inconsulto. Non raccogliendo le parti provocatorie del comunicato della Mrc, confermiamo che il nostro impegno non si ferma. Lo abbiamo dimostrato stamattina in piazza, lo dimostriamo non abbandonando viale del Policlinico, lo dimostreremo nelle prossime ore continuando a lavorare, con l'aiuto dei nostri sindacati, a ipotesi realistiche, anche eterodosse, di soluzione del problema che attanaglia tutti noi. Abbiamo capito che i soldi non ci sono, non pretendiamo neanche un euro supplementare dal Prc. Ma non ci arrendiamo. Per noi non è ancora arrivato il momento di smettere di difendere Liberazione, bene comune.
Assemblea permanente unitaria, il Cdr, la Rsu

Il comunicato del direttore di Liberazione

Il comunicato della rappresentanza sindacale - qui pubblicato per intero - intende in ogni sua piega accreditare la seguente rappresentazione dello stato delle cose: l'editore di Liberazione, il Prc, atterrito e confuso per il taglio pari al 70% del fondo per l'editoria (per noi vale 2 milioni di euro) e in preda ad una sorta di “cupio dissolvi", vuole ad ogni costo chiudere il suo giornale, suicidarsi, insomma, cogliendo - incidentalmente - l'occasione per liberarsi dei giornalisti “non allineati"; poi, fa anche di peggio, mostrandosi capace di malandrina furbizia, perché intende intascare ugualmente la residua quota parte del finanziamento pubblico, resuscitando un finto giornale, fatto da una finta redazione: in sostanza, truffando i cittadini. Infine, quello che viene definito l'atto “più insensato", la “decisione più assurda", quella - mossa da intenti punitivi - di fermare la produzione del giornale in pdf e persino del sito attraverso il ritiro delle password, privando così i lettori del loro giornale che con tanta generosità si era sino ad ora pubblicato. Quanto al direttore, al sottoscritto, non si risparmia (ma si è fatto di molto peggio) l'accusa di essere animato da una protervia antisindacale che ne oscura “l'importante passato di sindacalista".
Ebbene, se le cose stessero davvero così, saremmo tutti passibili, se non del codice civile, o di quello penale, almeno di quello della storia, della nostra piccola storia, ovviamente. Ma la verità è ben diversa, e sebbene mi sia interrogato sull'opportunità di tornarvi nuovamente sopra, converrà - una volta per tutte - provare a ristabilirla, affinché non restino dubbi, zone d'ombra, omissioni e nessuno spazio sia concesso a quanti oggi sono impegnati in un'offensiva, questa sì politica, contro il Prc e il suo giornale.
Vediamo. Ormai anche i sassi dovrebbero avere compreso che col salasso che ci è stato luciferinamente somministrato non si va da nessuna parte e che non possedendo il Prc nessuna risorsa da mettere nel giornale, essendogli precluso ogni accesso al credito e non potendo neppure più permettersi - come fatto abbondantemente in questi anni - di anticipare la liquidità indispensabile, è posto con le spalle al muro. Continuare senza sapere dove si poggiano i piedi, in queste condizioni, significherebbe esporre il giornale - e a cascata il suo editore - al fallimento certo. Chi trascura tutto ciò e invocando immarcescibili principi chiede di andare avanti ugualmente spinge davvero al suicidio Liberazione, sconta  (e c'è chi non se ne dorrebbe) la perdita della testata a cui altri forse guardano con interesse. Questo il partito non se lo può permettere. E non accadrà. Dunque, nel mentre è in corso la battaglia per la reintegrazione del fondo, si tratta di diminuire i giri del motore e commisurare il passo alla lunghezza della gamba, senza permettersi disinvolture amministrative che sarebbero fatali. Il piano presentato, il ricorso massiccio alla cassa integrazione sono dunque finalizzati ad evitare il tracollo, a salvare, non ad affossare il giornale. Quel piano prelude poi ad una seconda fase - totalmente ignorata dai nostri asprissimi critici - quella in cui, una volta compreso se e di quanto crescerà il finanziamento pubblico, potremo rimodulare il progetto editoriale, sapere ciò che sarà lecito e responsabile permettersi, quale struttura redazionale mantenere, quanti stipendi la Mrc potrà continuare - come fatto regolarmente sino ad ora - a pagare. La sottoscrizione avviata fra i nostri lettori e fra i nostri militanti, nella quale stiamo impegnando ogni energia, non potrà che aumentare le nostre chance di ripresa. Di questo e non di altro si tratta.
Ma allora, perché la decisione di chiudere il giornale in pdf e persino il sito? Semplicemente, perché il Cdr si era arrogato il diritto di decidere - in base a proprie unilaterali considerazioni - quando il giornale dovesse uscire e quando no, esautorando la direzione da qualsiasi voce in capitolo e giungendo sino ad impedire l'uscita dell'edizione già pronta di mercoledì, con l'editoriale del direttore che lanciava forme inedite di mobilitazione e di sottoscrizione proprio per sostenere il giornale che ci si accusa di voler chiudere. Si è cosìirrimediabilmente rotto il rapporto di lealtà che aveva indotto la direzione a condividere con convinzione la proposta avanzata dai lavoratori di produrre il giornale anche in regime di ferie.
Ancora: siamo stati costretti a chiudere l'on line dopo l'ennesima incursione sulla home page del sito compiuta da alcuni giornalisti i quali, utilizzando le password loro assegnate per il normale lavoro redazionale, soverchiando le prerogative della Direzione e violando platealmente le norme contrattuali, avevano pubblicato un proprio “editoriale" contro il direttore, tacciato, niente meno, che di comportamento antisindacale. Che consisterebbe - udite udite - nell'avere accettato l'offerta del settimanale Left di pubblicare sulle proprie pagine la testata di Liberazione  contenente, fra l'altro, un editoriale del direttore medesimo e l'articolo di un collega. Analoga offerta solidale - per aiutare il nostro giornale non più in condizione di andare in edicola - era stata fatta da “il manifesto" e da “l'Unità", ma il Cdr aveva impedito che si concretizzasse perché ritenuta lesiva delle ragioni dei lavoratori nella vertenza in atto (!). In questo clima pesantissimo, segnato da un'insostenibile tensione e da recidive incursioni corsare chenessun giornale e nessun editore tollererebbero mai, siamo stati costretti a correre ai ripari.

P.S.: Il Corriere della Sera di oggi pubblica, a firma di Sergio Rizzo, un articolo che sposa totalmente l'attacco del Cdr contro il Prc, mettendo nel proprio ventilatore (e che ventilatore!) tutte le velenose accuse che sono state mosse - senza alcuna ingenuità - contro di noi. Liberazione “Bene comune?" Sì, ma di chi le vuol bene sul serio. Chi invece avvelena i pozzi sta facendo un altro mestiere.
Dino Greco

Il comunicato della Mrc

Non ci sembra di cogliere novità nel comunicato di Cdr e Rsu di Liberazione se non il reiterarsi di accuse e insinuazioni prive di fondamento e false. L’Mrc continua nell'impegno per la salvaguardia del quotidiano del partito e con esso dei possibili livelli occupazionali. Proprio per respingere concretamente ogni insinuazione dei "giornalisti furbetti" sull'uso dei fondi pubblici, abbiamo scelto di sospendere anche l’edizione on line in attesa che vengano definiti modalità, tempi, quantità dei fondi per l'editoria. Da questi, oltre che dal generoso sforzo delle compagne e dei compagni del partito, dei nostri lettori, in risposta alla sottoscrizione avviata, dipenderà il futuro di Liberazione.
Mrc prosegue nell'azione tesa al ripristino del fondo per l'editoria e nell'impegno in difesa della libertà di informazione e di tutte e tutti coloro che operano col proprio lavoro per garantire in Italia un pluralismo che rischia la scomparsa.

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