fiom18di Francesco Piccioni

Slitta la data, causa neve; confermate piattaforma e alleanze

Slitta di una sola settimana la manifestazione nazionale indetta dalla Fiom. Invece di sabato 11, quello successivo: «visto che si parla tanto di art. 18, ci sta bene».

Maurizio Landini, il segretario nazionale, ci scherza su un attimo, ma la questione sul tappeto è terribilmente seria.

Da un lato c'è il «modello Fiat» che si sta imponendo come format per tutta Confindustria - almeno secondo il progetto di Alberto Bombassei, uno dei candidati alla successione di Emma Marcegaglia - secondo cui non dovrebbe esistere alcuna possibilità per i lavoratori di scegliersi il sindacato d'appartenenza nè, tantomeno, il diritto di decidere (votando) sui contratti o gli accordi che li riguardano. «Qualcosa di anti-costituzionale - aggiunge Landini - e contrario anche alle leggi europee».

Un format che si va estendendo a tute le imprese metalmeccaniche, visto che la categoria imprenditoriale - Federmeccanica - ha appena disdettato le relazioni con la Fiom in quanto «non firmataria di contratto».

Non è finita. L'attuale «dialogo» tra governo e parti sociali sulla «riforma del mercato del lavoro» si concentra quasi soltanto sulla cancellazione delle tutele per i lavoratori «fortunati» che ancora sono contrattualizzati a tempo indeterminato. «La precarietà, in questo paese, non è la conseguenza, ma la causa della crisi occupazionale; e anche dell'«arretratezza delle imprese». È ovvio, infatti, che se un imprenditore riesce a raspare qualche margine di profitto in più, comprimendo il costo del lavoro, sarà disincentivato dall'innovare sia il processo che il prodotto. Perdendo, dunque, «competititvità».

Di fatto, la manifestazione del 18 febbraio acquista maggiore importanza come manifestazione dell'«opposizione sociale» a un «progetto ben delineato» di modificazione «non democratica» delle relazioni industriali. Si è infatti consapevoli che Cisl e Uil hanno già mollato gli ormeggi, dichiarandosi disposte a discutere di una «robusta manutenzione» dell'art. 18, tale da lasciare in vita una tutela solo per i «licenziamenti discriminatori» (ma già le «riassunzioni» alla Fiat di Pomigliano sono ampiamente dentro questa casistica). Ammettendo - incredibilmente - quelli «per motivi economici». Per chi conosce la quotidiana mattanza di posti di lavoro «per crisi aziendale», questa formulazione suona sia come truffa che come insulto all'intelligenza.

La Fiom conferma lo schema vincente del 16 ottobre 2010. Quindi è prevista la partecipazione convinta di grandi parti della Cgil (altre categorie, camere del lavoro, sedi regionali, ecc); anche se dalla segreteria confederale non arriva ancora nessun segnale mobilitante. Soprattutto, la manifestazione resta «aperta» a tutti i movimenti e le soggettività sociali che hanno fin qui riempito le piazze contro la politica di «austerità» imposta prima da Berlusconi e ora, persino più duramente, da Monti.

Sul fronte politico, la Fiom conferma una serie di incontri con i partiti della sinistra, parlamentare e non. Dall'Italia dei valori e Sel (come da Rifondazione e Pdci, che saranno visti oggi) arriva un sostegno convinto. Il pezzo forte sarebbe il Pd - ieri mattina c'è stato l'incontro con Pierluigi Bersani - che promette qualche iniziativa parlamentare. Ma appare evidente a chiunque veda le cose dall'esterno come - sull'art. 18, e in generale sulla questione del lavoro - questo partito rischi in ogni momento l'esplosione. Una ragione di più, non di meno, per fare del 18 ottobre una scadenza «non nascondibile».

Da Il Manifesto 8 Febbraio 2012

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