di Paolo Serventi Longhi
Difficile dire se l'Aspi, l'assicurazione sociale per l'impiego, condurrà all'ecatombe sociale, come dice Bonanni.
Quello che è certo è che la trattativa sulla riforma del lavoro sta imboccando una strada assai pericolosa che può ragionevolmente portare, se non vi saranno colpi d'ala dell'ultimo momento, alla sua estinzione, e cioè alla rottura.
Sugli ammortizzatori non ci siamo: non ci sono risorse certe per la copertura finanziaria, spariscono le principali fattispecie in base alle quali vengono concesse sia la cassa integrazione ordinaria che quella straordinaria, si cancella la cig in deroga, si riduce il periodo di corresponsione dell'assegno e la sua entità, le misure previste entrano in vigore in un tempo più ristretto del previsto (nel 2015 invece del 2017).
Non resta che abolire l'articolo 18, consentendo i licenziamenti disciplinari ovverosia discriminatori e la frittata è fatta. Proprio non ci siamo. Come ha detto Susanna Camusso, gli incontri dei giorni scorsi hanno rappresentato un consistente passo indietro tanto da far cambiare opinione al leader della Cisl, entrato nelle sedi ministeriali manifestando la volontà di chiudere positivamente la trattativa e invocando responsabilità per "chi vuole chiamarsi fuori". Per poi sparare a zero su proposte "indigeribili" al termine dei colloqui.
Il negoziato è a questo punto appeso a un filo e prende corpo il timore che il governo Monti sia intenzionato comunque a procedere, a dichiarare chiusa la trattativa il 23 marzo anche senza il consenso dei sindacati. E, subito dopo il vertice europeo del 25 marzo, portare in Parlamento un disegno di legge (o un decreto, ma sarebbe un piccolo golpe sociale) con le misure annunciate. La palla passerebbe così alle forze politiche, a quelle che non attendono altro che massacrare i lavoratori e i loro sindacati, e a quelle che per storia e idee dovrebbero invece farsi carico di una equilibrata e condivisa risposta sociale alla crisi. Vedremo.
da rassegna.it, 14 Marzo 2012