autonomia

di Silvia Boschero

E' tra i punk impenitenti della Gran Bretagna, uno fuori dal coro, arrabbiato, carismatico, dall'inesauribile forza iconoclasta. Si chiama Mark Stewart e tra fine 70 e inizio 80 con veemenza ribelle ha sistematicamente combattuto il conformismo e le ingiustizie sociali con uno sguardo internazionalista, a partire dalla sua storica band industrial The Pop Group.

Un cane sciolto, che rifiutando il nichilismo di tanti colleghi dell'epoca ha guidato la controcultura di Bristol usando il sarcasmo come arma contro la deriva destrorsa dell'Inghilterra della Thatcher e una micidiale mistura di punk, dub, funk e noise come tappeto per le sue invettive ferocissime. Non è strano dunque ritrovarlo oggi sotto una nuova incarnazione, the Politics of Envy, a dedicare una canzone nientemeno che alla memoria di Carlo Giuliani: "ogni azione che compiamo ha una conseguenza politica – ci racconta con foga – Se compriamo un barattolo di plastica fatto in Cina o usiamo un oggetto fabbricato in Birmania, sosteniamo delle dittature. È un mondo iperconnesso e io tento di descriverlo senza puntare il dito contro nessuno". Già, e perché proprio i fatti di Piazza Alimonda? "e' l'esempio, uno degli esempi, che dimostrano come ci sia una lotta in corso. Ai tempi del Pop Group mi occupavo di quello che accadeva in Argentina, in Indonesia, e ancora oggi sono impegnato in diverse campagne qui in Inghilterra: dal disarmo nucleare allo strapotere della polizia sulla gente comune. Quando ero ragazzo la musica era molto leggera, ma io speravo che qualcuno la usasse per altri scopi rispetto al dichiarare amore alla fidanzata. Due giorni dopo il G8 di Genova, ho diversi amici, mi raccontarono quello che era successo. Così ho deciso di dedicare prima o poi a Carlo una canzone. Così è nata Autonomia, ma il testo è universale. Ad esempio, la frase cantata insieme a Bobby Gillespie "Ideali grandi come pianeti", ecco, quello sono io".

Stewart, uomo di passioni senza compromessi, sia col Pop Group che con la sua carriera solista (la band Maffia assieme al produttore dub Adrian Sherwood e, tra gli altri, il bassista dei futuri LIng Colour Doug Wimbish) è riconosciuto come precursore assoluto da gente come Trent Reznor, Nick Cave, i Portishead e i Massive Attack. Ma lui non guarda con nostalgia al passato: "non sono cambiato da quando avevo 14 anni, quindi non posso essere nostalgico. Se mi siedo in una stanza con Lee Scratch Perry e Kenneth Anger sono ancora quel giovane fan che a casa di mia madre leggeva Hollywood Babilonia e ascoltava i dischi registrati al Black Ark Studios". Non solo il leggendario re del dub Lee Scratch Perry, ma anche Bobbie Gillespie dei Primal Scream, Richiard Hell e Keith Levene dei PIL sono sul disco. Tutti personaggi molto punk. Ma cosa vuol dire essere punk? "disinteressarsi del proprio status, di possedere cose, di avere successo. Questi ospiti del disco sono gente che il punk ce l'ha dentro. Mi sembra di essere tornato ragazzo, quando suonavo sullo stesso palco con i Joy Division e i Gang of Four".

Esiste un'evoluzione del punk? "certo! Recentemente sono stato a Berlino e ho scoperto che le persone più punk che conosco in questo momento lavorano sulla frontiera elettronica e stanno sviluppando delle nuove tecnologie per la liberazione". Hai fiducia nelle possibilità di un mondo interconnesso. Ho saputo che una mia canzone è nella play list di una radio libanese, so di aver fan in Siria, Iran, gente che mi ascolta in Cina, in Italia. Credo che la gente comune stia cominciando a vedere le cose oltre lo specchio delle bugie del capitalismo. Dobbiamo guardare avanti e imparare a non venire manipolati. Avere un'informazione non corrotta è un diritto basilare, dalla Birmania alla Nuova Zelanda e molto sta cambiando in questo senso".

da L'Unità, 29 Marzo 2012

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