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di Paolo Ferrero

La crisi sta producendo aumento di povertà, disuguaglianze, disoccupazione. Lo stato sociale andrebbe rafforzato per rispondere efficacemente ai bisogni vecchi e nuovi della cittadinanza. Andrebbe rafforzato per contribuire, attraverso un sistema ben organizzato di servizi e prestazioni, ad uno sviluppo sociale ed economico sostenibile. Ma prima il governo Berlusconi e oggi quello Monti lo stanno smantellando in ogni sua parte, dalle pensioni alla sanità fino alla rete articolata di servizi sociali sul territorio.

I tagli ai fondi sul sociale, ridotti all'osso o addirittura azzerati come quello sulla non autosufficienza, i tagli agli enti locali, stretti nella morsa del patto di stabilità interno, l'imminente e iniqua riforma dell'Isee fanno parte dello stesso disegno neoliberista che vede lo stato sociale come ostacolo al mercato, improduttivo e quindi da eliminare. D'altronde è la tesi che ha voluto ribadire pochi giorni fa anche il presidente della Bce Mario Draghi, impegnato a 'regalare' miliardi di euro alle banche, alimentando la speculazione, invece che intervenire direttamente a sostegno degli stati. Un modello suicida che ci sta portando, anche dal punto di vista economico, in una recessione profonda, come ha dovuto ammettere pochi giorni fa lo stesso ministro allo sviluppo Corrado Passera.

Per confrontarci su questo tema abbiamo promosso lo scorso 28 marzo un'assemblea pubblica a Napoli con autorevoli rappresentanti del Terzo settore, dei comuni, delle regioni, del Sindacato. Ne è emersa una condivisione sull'analisi, ma anche sulle azioni concrete da mettere in campo per invertire una tendenza non degna di un Paese civile: molti comuni saranno costretti a chiudere i servizi sociali, dai nidi all'assistenza ad anziani e persone con disabilità. Questo avverrà soprattutto al sud, ma colpirà progressivamente anche centro e nord. I comuni non hanno più soldi per garantire diritti sociali costituzionali.

Dunque, oggi è necessaria un'alleanza tra politica, istituzioni locali, sindacati, associazioni e cittadini per imporre una radicale modifica alle politiche del governo: abolire il patto di stabilità interno per permettere ai comuni di investire nel sociale; fermare la modifica dell'articolo 81 della Costituzione che introduce l'obbligo di pareggio di bilancio; definire i livelli essenziali di assistenza sociale per rendere esigibili i diritti e le prestazioni omogeneamente sul territorio nazionale - a Trento c'è una spesa pro-capite di 280 euro, in Calabria di 30 euro -; ripristinare i fondi sul sociale almeno ai livelli del 2008; introdurre il reddito minimo garantito finanziato da una patrimoniale sulle grandi ricchezze.

da L'Unità,martedì 3 aprile 2012

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