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di Nicola Tanno

Nella Spagna del 2012 gira una nuova barzelletta. Racconta di un uno straniero che domanda a un suo amico spagnolo come vanno le cose nel suo paese. "Non ci possiamo lamentare" risponde l'amico. "Ah, allora le cose vanno bene!" commenta lo straniero, ma lo spagnolo chiarisce "Non hai capito. È che non ci possiamo lamentare!"

L'ironia svela la via che la Spagna di Mariano Rajoy ha intrapreso, un misto di rigore e autoritarismo, di retorica tecnocratica e pugno duro contro chi dissente. "Il vandalismo verrà equiparato al terrorismo" hanno titolato i grandi giornali per descrivere le proposte del Ministro degli Interni spagnolo, Jorge Fernández, ma senza particolari critiche. Segno dei tempi, quello che vede nella Spagna dei giorni nostri una spinta a maggiori forme di controllo di chi dissente.

Dopo lo sciopero generale del 29 marzo un'ondata di voci autorevoli si è levata per chiedere dure misure contro i "manifestanti violenti" ma, a sorpresa, sono le manifestazioni pacifiche ad essere l'oggetto principale delle riforme annunciate da Fernández. Secondo il piano del Governo, infatti, la resistenza passiva verrà equiparata ad "attentato contro l'autorità" mentre la convocazione di manifestazioni non autorizzate potrebbe essere giudicata un "delitto di organizzazione criminale". Misure che sembrano calzare alle proteste messe in piedi non più di un anno fa dagli "Indignati", quando i giovani di tutta la Spagna protestavano contro tagli e austerità. Lo facevano a modo loro, trasformando le piazze più importanti della Spagna in vere e proprie "città alternative" con accampamenti, punti ristoro, gazebo e addirittura giardinetti trasformati in campi coltivati. Se il piano del Governo venisse approvato, questo tipo di manifestazioni verrebbe sanzionato con il carcere.

È un vento autoritario, quello che soffia sulla Spagna, che unisce la crescente violenza della polizia, le proposte autoritarie del Governo e l'atteggiamento dei grandi giornali. D'altronde, i tagli agli stipendi e ai servizi pubblici e la crescente disoccupazione stanno generando una protesta crescente in tutto il paese generando richieste di maggior controllo da parte delle forze conservatrici. Prima vi erano state le cariche e gli arresti contro gli "Indignati" di Barcellona, che hanno spinto decine di feriti a presentare una denuncia collettiva contro il capo della polizia catalano. In seguito vi era stato il caso degli studenti di Valencia nel febbraio scorso, veemente malmentati dalle forze dell'ordine. L'apice di questa tensione è stata raggiunta durante lo sciopero generale del 29 marzo, quando a Barcellona, decine sono stati i feriti gravi come conseguenza degli spari e delle cariche degli agenti, tra cui due cittadini italiani gravemente feriti ad un'occhio.

Nonostante la crescente repressione contro le proteste, a sorprendere maggiormente è l'atteggiamento dei giornali. Per settimane i grandi gruppi hanno dato quasi esclusivo spazio agli atti di vandalismo da parte dei manifestanti, eludendo qualsiasi interrogativo sul comportamento della polizia. Il Consigliere agli Interni del Governo catalano, Felip Puig, è arrivato ad augurarsi che i manifestanti abbiano "più paura del sistema". In questo clima, sono state chiamate in causa dalla stampa anche aree di movimento italiane.

A chiudere due settimane di criminalizzazione dei movimenti è stata l'uccisione del giovane Iñigo Cabacas Liceranzu, colpito da un proiettile di gomma da parte della polizia basca – storia di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi. La reazione indignata della societá basca ha colto di sorpresa le istituzioni basche, costringendo il Consigliere agli Interni, Rodolfo Ares a limitare l'uso dei proiettili di gomma a "casi eccezionali". Ció nonostante, poca attenzione è stata data dai giornali piú importanti a questo caso e tanto il Ministro degli Interni spagnolo, Fernández, come il suo parigrado catalano Felip Puig, hanno garantito che continueranno "sulla via delle riforme".

Quello che emerge con nettezza è la società spagnola presenta una crescente divisione. Da un lato, coloro che spingono che spingono il tasto della repressione e dell'austerità, che sono gli stessi che detengono il controllo sui mezzi di informazione. Dall'altro vi è una crescente massa di dissenso, sia contro le poitiche liberiste che contro la svolta autoritaria. Questa seconda Spagna non solo non ha voce sui giornali, ma vede limitare sempre di piú il suo diritto a esprimersi. Condizioni come queste potrebbero causare un mix esplosivo per entrambe le parti del paese.

da il corsaro.info

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