di Michele Trotta
"Profumo...di truffa, no all'abolizione del valore legale del titolo di studio". Il gioco di parole rende l'idea di cosa pensino i giovani della Federazione della Sinistra riguardo la bozza di riforma dell'istruzione che il ministro Profumo, secondo le indiscrezioni, starebbe preparando.
E hanno voluto manifestarlo, il loro dissenso, i ragazzi delle giovanili dei Gc e della Fgci che questa mattina hanno dato vita ad un flash mob di protesta proprio innanzi alla sede del Ministero dell'Istruzione.
Secondo voci che circolano ormai da mesi, supportate a dire il vero dalle dichiarazioni di esponenti di punta del governo Monti, sul tavolo ci sarebbe l'ipotesi dell'abolizione del valore legale del titolo di studio. Se così fosse non si tratterebbe di una postilla, bensì del vero punto focale di una riforma che, a detta di molti, sta assumendo sempre più i connotati di una controriforma. Meritocrazia e sapere finalizzato ad un miglior inserimento nel mondo del lavoro. Le parole con cui si prepara il terreno per l'ennesima riforma dell'istruzione sono le stesse che hanno accompagnato le misure introdotte dalla Gelmini negli anni scorsi. Ma c'è dell'altro, non sono solo i principi generali ad essere i medesimi, ad accomunare i provvedimenti di Gelmini e Profumo c'è anche la stessa discutibile intenzione di effettuare una riforma "a costo zero". Il che evidentemente significa tagli, mascherati dall'espressione "razionalizzazione delle risorse". Se è vero che tre indizi fanno una prova sembra chiaro il disegno che ha in mente il ministro Profumo: alleggerire ulteriormente i già miseri investimenti che lo stato effettua oggi sul sapere ed assegnare ai meccanismi del mercato la valutazione dei titoli di studio, non più coperti da garanzia legale. Abolire il valore legale del titolo di studio significa infatti, in parole povere, eliminare quella "legge" che assegna un uguale valore legale ai titoli di studio dello stesso livello. Questa legge garantisce che un diploma di laurea conseguito da Tizio è indicativo del medesimo livello di istruzione raggiunto da Caio nel conseguimento dello stesso diploma di laurea. Ciò fatte salve le differenziazioni che già oggi avvengono sulla base del voto. L'argomento e la portata di una riforma di tal tipo non sono facilmente comprensibili e rischiano di trovare nel campanilismo che da sempre contraddistingue la cultura italiana un elemento mistificatore. In realtà se la legge non garantisse un certo livello di istruzione la funzione di valutazione sarebbe svolta dal mercato, con tutti i meccanismi che ne contraddistinguono il funzionamento. Quale il titolo di studio più valido? Quello che viene pagato di più, quello degli istituti d'istruzione privati. Ma è davvero così? Non uno, quindi, bensì due passi indietro dello Stato rispetto al mondo dei saperi in un momento in cui altre esperienze estere intravedono nell'investimento nella specializzazione e nell'istruzione dei giovani una via di uscita dalla crisi economica.
Questi i motivi per cui nell'istruzione pubblica cominciano a levarsi i primi scudi. "Si tratta dell'ennesimo tentativo di distruzione del sistema di istruzione pubblico e di privatizzazione dei saperi. Il valore legale del titolo di studio, infatti, rappresenta una funzione di garanzia dello stato sociale e individua con certezza i contenuti di conoscenza da acquisire nell'università" sono le parole rese da Riccardo Messina, responsabile saperi Pdci, a margine del flash mob organizzato questa mattina da Federazione della Sinistra, Fgci e Gc. Nel corso dell'azione i militanti hanno esposto uno striscione con la scritta "Profumo...di truffa" in riferimento alla consultazione referendaria online promossa dal Ministero dell'Istruzione per sapere cosa pensano gli italiani in ordine all'abolizione del valore legale del titolo di studio. Il referendum online è partito lo scorso 22 Marzo e sarà possibile parteciparvi sino al 24 Aprile. Composto di un questionario di quindici domande, è stato definito da più parti poco chiaro e superficiale; mentre è lo stesso Riccardo Messina a definirlo seccamente una truffa.
In realtà la questione del valore legale del titolo di studio non è di facile esplicazione e meriterebbe più di un approfondimento. Come del resto ben più ampio dibattito si auspicherebbe circa una riforma organica della pubblica istruzione italiana che ne valorizzi le specificità e ne colmi le lacune. Troppo spesso gli studenti sono visti come i passivi destinatari di misure calate dall'altro e mai come veri referenti per un cambiamento condiviso. E questo vizio di origine non può essere risolto con un semplice questionario. La sensazione è invece che dal più tecnico dei governi provenga un'iniziativa prettamente politica volta ad assumere quella legittimazione popolare ad effettuare cambiamenti epocali che non ha ricevuto dalle urne e di cui risulta per definizione carente.
da ArticoloTre.com, Mercoledì 18 Aprile 2012 di Michele Trotta
"Profumo...di truffa, no all'abolizione del valore legale del titolo di studio". Il gioco di parole rende l'idea di cosa pensino i giovani della Federazione della Sinistra riguardo la bozza di riforma dell'istruzione che il ministro Profumo, secondo le indiscrezioni, starebbe preparando. E hanno voluto manifestarlo, il loro dissenso, i ragazzi delle giovanili dei Gc e della Fgci che questa mattina hanno dato vita ad un flash mob di protesta proprio innanzi alla sede del Ministero dell'Istruzione.
Secondo voci che circolano ormai da mesi, supportate a dire il vero dalle dichiarazioni di esponenti di punta del governo Monti, sul tavolo ci sarebbe l'ipotesi dell'abolizione del valore legale del titolo di studio. Se così fosse non si tratterebbe di una postilla, bensì del vero punto focale di una riforma che, a detta di molti, sta assumendo sempre più i connotati di una controriforma. Meritocrazia e sapere finalizzato ad un miglior inserimento nel mondo del lavoro. Le parole con cui si prepara il terreno per l'ennesima riforma dell'istruzione sono le stesse che hanno accompagnato le misure introdotte dalla Gelmini negli anni scorsi. Ma c'è dell'altro, non sono solo i principi generali ad essere i medesimi, ad accomunare i provvedimenti di Gelmini e Profumo c'è anche la stessa discutibile intenzione di effettuare una riforma "a costo zero". Il che evidentemente significa tagli, mascherati dall'espressione "razionalizzazione delle risorse". Se è vero che tre indizi fanno una prova sembra chiaro il disegno che ha in mente il ministro Profumo: alleggerire ulteriormente i già miseri investimenti che lo stato effettua oggi sul sapere ed assegnare ai meccanismi del mercato la valutazione dei titoli di studio, non più coperti da garanzia legale. Abolire il valore legale del titolo di studio significa infatti, in parole povere, eliminare quella "legge" che assegna un uguale valore legale ai titoli di studio dello stesso livello. Questa legge garantisce che un diploma di laurea conseguito da Tizio è indicativo del medesimo livello di istruzione raggiunto da Caio nel conseguimento dello stesso diploma di laurea. Ciò fatte salve le differenziazioni che già oggi avvengono sulla base del voto. L'argomento e la portata di una riforma di tal tipo non sono facilmente comprensibili e rischiano di trovare nel campanilismo che da sempre contraddistingue la cultura italiana un elemento mistificatore. In realtà se la legge non garantisse un certo livello di istruzione la funzione di valutazione sarebbe svolta dal mercato, con tutti i meccanismi che ne contraddistinguono il funzionamento. Quale il titolo di studio più valido? Quello che viene pagato di più, quello degli istituti d'istruzione privati. Ma è davvero così? Non uno, quindi, bensì due passi indietro dello Stato rispetto al mondo dei saperi in un momento in cui altre esperienze estere intravedono nell'investimento nella specializzazione e nell'istruzione dei giovani una via di uscita dalla crisi economica.
Questi i motivi per cui nell'istruzione pubblica cominciano a levarsi i primi scudi. "Si tratta dell'ennesimo tentativo di distruzione del sistema di istruzione pubblico e di privatizzazione dei saperi. Il valore legale del titolo di studio, infatti, rappresenta una funzione di garanzia dello stato sociale e individua con certezza i contenuti di conoscenza da acquisire nell'università" sono le parole rese da Riccardo Messina, responsabile saperi Pdci, a margine del flash mob organizzato questa mattina da Federazione della Sinistra, Fgci e Gc. Nel corso dell'azione i militanti hanno esposto uno striscione con la scritta "Profumo...di truffa" in riferimento alla consultazione referendaria online promossa dal Ministero dell'Istruzione per sapere cosa pensano gli italiani in ordine all'abolizione del valore legale del titolo di studio. Il referendum online è partito lo scorso 22 Marzo e sarà possibile parteciparvi sino al 24 Aprile. Composto di un questionario di quindici domande, è stato definito da più parti poco chiaro e superficiale; mentre è lo stesso Riccardo Messina a definirlo seccamente una truffa.
In realtà la questione del valore legale del titolo di studio non è di facile esplicazione e meriterebbe più di un approfondimento. Come del resto ben più ampio dibattito si auspicherebbe circa una riforma organica della pubblica istruzione italiana che ne valorizzi le specificità e ne colmi le lacune. Troppo spesso gli studenti sono visti come i passivi destinatari di misure calate dall'altro e mai come veri referenti per un cambiamento condiviso. E questo vizio di origine non può essere risolto con un semplice questionario. La sensazione è invece che dal più tecnico dei governi provenga un'iniziativa prettamente politica volta ad assumere quella legittimazione popolare ad effettuare cambiamenti epocali che non ha ricevuto dalle urne e di cui risulta per definizione carente.
da ArticoloTre.com, Mercoledì 18 Aprile 2012