di Alfonso Gianni*
Appena chiuse le urne del primo turno delle presidenziali francesi, le Borse europee hanno mediamente perso il 3% (ma a Milano è andata peggio) e lo spread tra i nostri titoli e i Bund tedeschi è tornato a superare i 400 punti. C'è un legame diretto tra questo e la vittoria di Hollande? Tutti i titoli dei giornali accreditano questa tesi. Ma le cose non stanno così.
I motivi del nuovo allargamento dello spread e delle difficoltà delle Borse stanno altrove. Risiedono nella incapacità della politica della Ue di affrontare la crisi. Paul Krugman, il liberal americano premio Nobel dell'economia, l'ha definita senza mezzi termini una follia. Ovvero il rigore di bilancio, spinto fino alla sua costituzionalizzazione, come è avvenuto nel nostro paese senza che quasi nessuno se ne accorgesse, sta annichilendo l'economia reale senza produrre alcun sollievo allo stesso quadro finanziario.
Quindi perde su entrambi i fronti.
Eppure pareva che l'intervento della Bce qualcosa avesse fruttato. In effetti la concessione di ben 1000 mld di euro al tasso dell'1% è stata ben vista dalle banche, in particolare le italiane. Il problema è che hanno utilizzato la pioggia di denaro a bassissimo costo solamente per acquistare titoli di stato a breve, senza riversarlo nel credito alle persone e alle imprese. Infatti la stretta creditizia si è fatta pesante - e i suicidi dei piccoli imprenditori l'hanno drammaticamente sottolineato - anche per colpa delle misure di incremento del capitale delle banche decise a Basilea 3 che le hanno ulteriormente indotto a negare i prestiti.
L'impatto sull'economia reale è stato quindi nullo, mentre l'acquisto dei titoli ha fatto migliorare solo provvisoriamente lo spread.
Si è trattato infatti di un semplice palliativo, non di una vera cura disintossicante, cosa di cui il finanzcapitalismo avrebbe bisogno.
Quando le banche si sono ben riempite la pancia di titoli di stato, la speculazione finanziaria è ripartita.
Morgan Stanley ha ridotto nei primi tre mesi del 2012 la sua esposizione verso i paesi europei più a rischio del 21%, con particolare accanimento nei confronti dell'Italia.
Ha venduto un miliardo di Cds (contratti assicurativi contro il rischio di default dei paesi) della Spagna e dell'Italia in particolare.
Non c'è da stupirsi se aumentano gli spread fra i titoli italiani e spagnoli nei confronti di quelli tedeschi. Intanto la famosa regolamentazione dei mercati non è mai partita. Quindi il volume dei titoli derivati è tornato ad essere quello del 2008, ovvero quasi 12 volte il prodotto interno lordo mondiale.
Una enorme bolla finanziaria che può scoppiare da un momento all'altro.
Hollande c'entra poco con tutto ciò, come si vede. Almeno per ora. C'entra moltissimo il fatto che il neoliberismo torna a farla da padrone, sulla scia del presunto rigore dei bilanci.
Per l'Europa, per salvare l'Euro, per scongiurare la distruzione di ciò che resta del modello sociale europeo, per evitare che la crisi devasti ancora più la vita delle persone, c'è solo una strada da percorrere urgentemente: modificare radicalmente il fiscal compact che entro giugno i parlamenti europei dovrebbero ratificare e cambiare il ruolo della Bce, che deve diventare prestatore in ultima istanza, proprio per sottrarre i titoli di stato alla speculazione dei grandi centri del capitale finanziario.
*direttore della Fondazione 'Cercare ancora'