di Multatuli
Dunque il 25 aprile di chi ancora si attarda - a 67 anni dalla Liberazione - a combattere il fascismo è per Piero Sansonetti (Gli Altri) un rudere politico, appartenente a quel “ceto antifascista" che essendo incapace individuare il terreno dei conflitti moderni non trova di meglio che prendersela con Alemanno e Polverini, mettendo in scena “stupide e noiose cerimonie", buone per reduci incartapecoriti, nostalgici delle mitologie comuniste, giovani frastornati in cerca di rassicuranti identità.
Abituati alle rodomontate pubblicitarie di questo campione della dissacrazione da rotocalco, non abboccheremo alle boutade più palesemente provocatorie (l'inutile, “contestatissima" azione partigiana di via Rasella, “tutta interna alla logica guerresca", oppure la patente generosamente offerta a Marco Pannella di autentico protagonista delle attuali lotte per la libertà e genuino interprete della Costituzione).
> La sola ragione che merita una replica è la riedizione sansonettiana della vecchia tesi missina (e democristiana) servita per decenni a rovesciare sull'Italia dosi letali di anticomunismo, secondo cui “il fascismo non esiste più" e dunque esso andrebbe consegnato, insieme al suo antagonista - l'antifascismo, appunto - agli storici. E' esattamente questo non innocente sdoganamento di tutta la destra fascista che ha segnato di sé gli ultimi devastanti vent'anni di potere berlusconiano. Così, con questo gioco di prestigio si occultano in un colpo solo la genesi e i contenuti della Costituzione repubblicana che ha fatto dell'antifascismo una costruzione “positiva", non solo “ostativa", rovesciando del fascismo l'essenza organicamente totalitaria, l'impianto corporativo che ne mascherava l'intima natura classista, il razzismo che ha giustificato ignobili persecuzioni. Quindi il fascismo che si distingue non solo per la sua antica, lugubre iconografia, o per il gusto per il manganello (che pure non mancano, alla bisogna), ma attraverso forme più sofisticate e non meno pericolose di dittatura delle oligarchie dominanti che praticano la soppressione della democrazia ed usano il loro smisurato potere per aumentare le diseguaglianze e impossessarsi - tramite un'espropriazione che ha ormai dimensioni planetarie - del prodotto del lavoro sociale.
Usare la questione dell'intollerabile condizione di chi sopravvive nelle carceri e la giusta richiesta di un'amnistia per attaccare i sentimenti antifascisti di chi oggi è protagonista di tutte le battaglie di libertà e di giustizia è nella migliore delle ipotesi un atto di disgustoso snobismo.