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di Tonino Bucci
C'è chi parla di «riscatto», di «fine di un incubo durato quattro anni». Quarantamila persone hanno sfilato ieri a Roma per la manifestazione nazionale della Fds contro l'abolizione dell'articolo 18. Sono il segnale di un'insofferenza per il governo Monti che cova nella società italiana, ma senza trovare  un'adeguata rappresentazione nel dibattito pubblico e nei media. Un evento politico che con buone ragioni si può interpretare come il ritorno dei comunisti sulla scena pubblica.

Ma soprattutto si è di nuovo vista una sinistra connessa alle lotte, portatrice di un punto di vista alternativo sulla crisi mondiale, capace di proiettarsi sullo scenario europeo. Ad aprire la maratona degli interventi sono stati i lavoratori della Irisbus Iveco, seguiti dai precari della scuola e da rappresentanti del movimento No-tav e del comitato Acqua pubblica. Ma è stato anche un palco fortemente segnato dagli ospiti europei. I più applauditi, Pierre Laurent, segretario del partito comunista francese, e il greco Vassili Primikiris esponente di Syriza, entrambi reduci da successi elettorali nei rispettivi paesi. Con l'undici per cento di consensi il Front de gauche – di cui fanno parte i comunisti – è stato decisivo per la sconfitta di Sarkozy in Francia. «Vedremo se Hollande (il neoeletto presidente) manterrà la promessa di rinegoziare il patto finanziario dell'Ue», dice Laurent. «Dobbiamo batterci sia contro le politiche di austerità sia contro l'estrema destra», ma per essere più efficaci bisogna costruire «un fronte di tutte le sinistre in Europa». Un augurio alla Fds: «siete voi la vera sinistra d'alternativa, non il clown Grillo, spero che riusciate a mandare a casa Monti». Se si allarga lo sguardo oltre i confini nazionali si scorge una sinistra radicale in crescita in gran parte dell'Europa, che ovunque ha gli stessi avversari – l'Ue, la tecnocrazia, la Bce, il capitale finanziario – e gli stessi programmi. Ne dà una prova Vassili Primikiris di Syriza, secondo partito in Grecia con il 17 per cento: «noi siamo per un governo che abolisca il memorandum (le misure di austerità, ndr), per il ripristino dei diritti dei lavoratori e del contratto collettivo nazionale, per una riforma elettorale proporzionale e il controllo pubblico delle banche». Il caso greco, come quello francese, insegnano soprattutto che l'aggregazione a sinistra è un valore aggiunto, perché dà efficacia al proprio blocco sociale. “Unità”, non a caso, è la parola che ricorre di più negli interventi. «Il successo di Syriza – dice ancora Primikiris – segna la fine del bipartitismo. Ma se fossimo stati tutti uniti (i comunisti del Kke e Sinistra democratica sono andati da soli, ndr) la sinistra nel suo complesso avrebbe preso molto di più». L'appello all'unità della sinistra lo ripetono tutti i dirigenti della Fds. Cesare Salvi lo estende all'Idv e persino al Movimento 5 stelle: «abbiamo tante battaglie in comune». Oliviero Diliberto si rivolge a Sel: «ma che aspettate a venire qui per costruire assieme una sinistra capace di contendere l'egemonia»? Lo ripete anche Paolo Ferrero che chiama in causa Sel e l'Idv, ma anche «i movimenti, le associazioni, il sindacalismo di base e i senza partito. Bisogna smetterla di inseguire il Pd col cappello in mano e impegnarci a costruire le lotte, giorno per giorno. Ce la possiamo fare, dobbiamo crederci e non rimanere fermi in attesa delle elezioni». Si è rivisto anche l'orgoglio di appartenere a una storia, quella dei «comunisti, della parte migliore dell'Italia – ribadisce Diliberto – di quelli che hanno fatto la Resistenza. Nessuno, a noi eredi di Berlinguer, può venire a farci lezione di moralità, tantomeno il comico Grillo. Qui ci sono tanti giovani che di tasca propria sono venuti in piazza senza guadagnarci un soldo». E, a proposito di eredità, Ferrero rivendica quella di Di Vittorio, del suo insegnamento a «non togliersi mai il cappello dinanzi al padrone».

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