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intervista a Theodoris Dritsas di Argiris Panagopoulos
La Grecia deve abbandonare le politiche dei tagli e dei Memorandum con un governo di sinistra, che aiuterà anche il cambio in Europa, spiega il deputato di Syriza Theodoris Dritsas al manifesto, convinto che con il recente voto in Grecia, in Francia, in Italia ma anche in Germania è cominciato l'inizio della fine del neoliberismo in Europa.


Theodoris Dritsas è uno dei più noti attivisti in Grecia. Ha cominciato partecipando alle durissime lotte per il diritto allo studio prima della dittatura per passare cinque anni della sua vita come consigliere comunale nella conflittuale città di Pireo e per formare subito dopo, con altri attivisti e movimenti, la lista «Il porto dell'Agonia, il Porto dell'angoscia», con la quale si è presentato come candidato sindaco per tre volte. È stato sempre a favore dei movimenti di base e delle masse e un feroce difensore della loro autonomia dai partiti politici, indispensabili però per avere una rappresentanza politica visibile. Non a caso questo dirigente «movimentista» è stato anche portavoce di Syriza nel parlamento greco.
Dritsas, perché è stato impossibile formare un nuovo governo dopo le elezioni del 6 maggio?
Le elezioni che sono convocate per il 17 giugno sono la logica conseguenza dell'impossibilità di formare un governo sulla base dei risultati elettorali del 6 maggio. Quel voto ha già sancito il rifiuto della politica dei «memorandum» da parte della stragrande maggioranza dei greci. Il 6 maggio si ha delegittimato i «memorandum» e gli accori per i prestiti che sono stati imposti alla società greca dalla troika e dai governo di Papandreou e Papadimos. Contemporaneamente, i cittadini hanno anche delegittimato tutto il sistema politico tradizionale. Syriza ha proposto di formare un governo delle sinistre ma quest'idea è stata rifiutata dal partito comunista Kke e pertanto è sfumata. Tutte le altre soluzioni che sono state avanzate da quel momento in poi erano solo un tentativo di far rientrare dalla finestra quello che i cittadini avevano cacciato via dalla porta. Naturalmente Syriza non ha accettato nessun'altra soluzione, perché crediamo che si è aperta una nuova strada non solo per la Grecia ma anche per l'Europa. Siamo ottimisti e fiduciosi: nelle prossime elezioni del 17 giugno questo futuro sarà più stabile e la porta per i cambiamenti che si era aperta diventerà uno spazio ancora più grande per cambiare il paese.
Con quali alleanze potrà governare Syriza in caso di vittoria il 17 giugno?
Non possiamo saperlo oggi con esattezza. Però è sicuro che le prossime elezioni stanno già assumendo il carattere di uno scontro frontale tra la sinistra e i neoliberali che hanno imposto i «memorandum» e i tagli, sia conservatori che socialisti. Le forze di sinistra si esprimono maggiormente in Syriza e le forze neoliberali sono rappresentate principalmente da Nuova Democrazia. Credo che il nuovo risultato elettorale vedrà le forze della sinistra molto più forti. Un governo con il suo nocciolo duro nella sinistra avrà una maggiore possibilità di portare il paese lontano dalla distruzione della sua società.
Per questo Syriza cerca di trasformarsi in un partito in brevissimo tempo?
Questa trasformazione l'hanno desiderata tante persone da tanto tempo. Il risultato elettorale accelera questa procedura. Questo cambio è necessario anche per superare i vincoli della pessima legge elettorale, che regala 50 sui 300 seggi del parlamento al primo partito. Dopo tante dure lotte e sacrifici della gente e dei nostri compagni e militanti non possiamo permettere che questi 50 seggi finiscano in mano ai conservatori anche in caso che Syriza sia il primo partito e non possa prenderli perché attualmente invece è una coalizione. Dobbiamo cambiare non solo perché vogliamo vincere ma anche perché un fatto cosi altererebbe anche il risultato elettorale. La vera procedura per trasformare Syriza in un partito comincerà nella forma e nella sostanza dopo le elezioni del 17 giugno.
Abbiamo visto che aumentano le pressioni e i ricatti contro Syriza. Vi dipingono come coloro che vogliono uscire dall'eurozona, che fatte di tutto per riportare la Grecia alla dracma, ecc...
Queste sono le maniere con le quali le forze di Nuova Democrazia e Pasok si preparano a dare la loro battaglia contro Syriza nelle prossime elezioni. Noi ormai lo ripetiamo da quasi tre anni e fino alla nausea: i tagli e l'applicazione di queste politiche che hanno distrutto la nostra economia e la nostra società portano alla accentuazione della crisi dell'eurozona, non alla sua salvezza. E' sempre più evidente che la Grecia non è affatto un caso isolato ma fa parte della crisi complessiva dell'eurozona e dell' Unione Europea. Le politiche dei tagli e dei «memorandum» accelerano la distruzione dell'economia greca e la crisi dell'Europa.
da Il Manifesto, giovedì 17 Maggio 2012

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