di Moni Ovadia

Il presidente di Consob Giuseppe Vegas in occasione del sua relazione annuale tenuta in piazza Affari a Milano, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, in alcuni dei passaggi più forti del suo discorso, ha usato parole che non avrei pensato di ascoltare da un uomo importante della

finanza.
Vegas ha parlato del pericolo rappresentato dalla «dittatura dello spread» per la salute dell’economia e ha ammonito sul pericolo costituito dalla crescente percezione da parte dei cittadini delle democrazie occidentali di non essere governati dai governi che eleggono col loro voto, bensì da una potente forza invisibile, ovvero l’ubiquo e onnipotente mercato.
Vegas ha esplicitamente parlato di vanificazione del suffragio universale.
Cosa ha spinto un uomo della finanza, un economista e politico che ha militato nel centro destra e segnatamente nel Pdl ad usare parole così irrituali e allarmate in una occasione ufficiale?
Provo ad intuire: la percezione nitida dell’estrema gravità della situazione. Se un moderato si esprime con questi accenti, «confortati», noi estremisti, possiamo azzardare una diagnosi più ardita. La democrazia, quella vera, quella sostanziale è morta da un pezzo. Quella che continuiamo a dichiarare tale per routine, per paura di riconoscerne il decesso e per paura di quello che viene dopo, è una realtà virtuale.
Siamo come Paperino, quando corre nell’aria e riesce a correre finché non guarda giù per non vedere sotto il vuoto. Laddove un governo non solo non è in grado di dettare l’agenda della politica economica ai centri bancari e finanziari, ma non è neppure in grado di stabilire delle regole a cui debbano attenersi, è difficile dire che siamo in presenza di una democrazia. Quando poi, in un mondo globalizzato, la sovranità politica continua ad essere ridicolmente nazionale mentre i veri centri del potere sono sovranazionali, la farsa è completa.
La politica impotente con i potenti riesce solo ad esercitare la propria autorità nei confronti dei ceti più deboli con leggi durissime come quella sulle pensioni, con quelle ingiuste ed insensate come la legge contro il lavoro per l’abolizione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, con balzelli e aumenti dei prezzi di servizi primari. Con questa logica stantia e depressiva si va verso il marasma della pseudo democrazia, bacino di coltura delle peggiori demagogie reazionarie. Per uscirne sarebbe urgente una visione progettuale di ampio respiro come fu il New Deal di Roosevelt nel contesto sovranazionale di un’Europa che procede a grandi passi verso l’unità politica. Ma è possibile con questi governanti italiani ed europei?

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