di Giacomo Russo Spena

Minaccia le dimissioni, se il centrosinistra non dovesse ritirare i 1600 emendamenti per la vendita del 21% delle azioni Acea. Poi in serata ci ripensa, era “chiaramente una provocazione. Ho voluto evidenziare come l’ostruzionismo dell’opposizione cerca di bloccare il nostro diritto e dovere a governare questa città”. Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno

, è un burlone: scherza, parla, straparla, sentenzia, cambia idea, provoca, bofonchia. E soprattutto non sa più che pesci prendere. Governare la Capitale forse è una cosa più grande di lui. Le promesse su Roma sicura e senza traffico si sono sgretolate come neve (oddio, Alemanno – al sol sentire questa parola – inizia ad imprecare e a spargere sale da cucina per le strade!) al sole. Le scene di giubilo in Campidoglio tra abbracci e saluti romani sono lontane. Lontanissime. Ci voleva giusto il ripescato – e deleterio – Francesco Rutelli per regalare alla destra sociale la Capitale, dopo anni di giunta Veltroni. Eppure un sondaggio svela l’incredibile: Alemanno sarebbe in vantaggio in un’eventuale sfida al Campidoglio contro Nicola Zingaretti, attuale presidente della provincia e più che papabile candidato del centrosinistra per le elezioni del 2013: 52% contro il 48. Una notizia sconvolgente, considerando le precedenti statistiche che davano invece l’uomo del Pd avanti di quasi 20 punti. Poi si scopre la verità, l’Ipr Marketing, la società del sondaggio romano, risulta titolare di un contratto da 82mila euro con il Campidoglio. In effetti pare brutto non avvantaggiare il proprio committente, si impara fin da piccoli: non si sputa nel piatto su cui si mangia! Dopo anni di malgoverno tra lo scandalo Parentopoli, i repentini declini di Atac e Ama, l’obbligato rimpasto di giunta, il fallimento del piano nomadi (su cui aveva tanto battuto durante la campagna elettorale), il dramma dell’emergenza abitativa, lo sgretolamento economico e sociale della città, la sconfitta di Alemanno appare più che certa. Non a caso si vociferano da qualche tempo, le sue dimissioni proprio per evitare una Caporetto alle elezioni 2013 che sancirebbero per lui un punto di non ritorno. Andare via da Roma per ritornare ad occuparsi della politica nazionale in una fase in cui il Pdl a breve imploderà tra la volontà di Berlusconi e le faide interne. Il governo Monti in tal senso – con le politiche di austerity e l’obbedienza cieca alla troika – sta scontentando una parte del partito (quella più vicino alla destra cosiddetta “sociale”, patrimonio degli ex-aennini). L’ex ministro Altero Matteoli ha confessato in un’intervista al Fatto gli enormi mal pancia dovuti al sostegno dell’esecutivo dei tecnici, invitando a repentine svolte. Come lui, la pensano molti altri. Alemanno potrebbe essere il leader di questo malcontento, di questa opposizione di destra a Monti capace di fare concorrenza alla Lega. Uscire a destra dalla crisi, la sfida del buon Gianni. Spiegato così il ritorno alle origini del sindaco Alemanno: a Roma, nell’ultimo mese, alcuni episodi fanno venire i dubbi sul reale significato di “sindaco di tutti”. Si privatizza l’acqua pubblica e con quei soldi – 11milioni di euro – l’amministrazione avrebbe intenzione di comprare, per poi assegnare, il palazzo occupato di Casa Pound. Si partecipa a “Marce per la Vita” con movimenti neofascisti. Si manifesta, sempre insieme a “galassie nere”, al corteo per riavere indietro i “nostri” Marò. Nel frattempo i partigiani dell’Anpi vengono contestati o peggio viene loro impedito di recarsi nelle scuole superiori a discutere di Resistenza e Costituzione. A questo punto viene il dubbio: quella celtica che Alemanno avrebbe tolto qualche anno fa – in una bella operazione di “ripulitura” – campeggia nuovamente sul collo del sindaco? Senza vergogna.

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