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di Antonio Igroia
Pur con la cautela dovuta alla delicatezza delle indagini e al riserbo degli investigatori, l’orribile attentato di Brindisi impone alcune considerazioni.
Prima considerazione: chiunque sia il responsabile di un atto criminale così efferato, organizzazione terroristica o mafiosa, ovvero assassino solitario, l’obiettivo era uno, semplice e terribile. Semiare il terrore nel Paese, veicolare una nuova, sottile, paura sociale da aggiungere alle altre paure che si vanno diffondendo. Colpire al cuore il senso più intimo di sicurezza di ogni cittadino, che ha diritto di essere sereno quando manda i propri figli a scuola.


Colpendo un’innocente studentessa si è voluto colpire la gioventù del Paese. Prendendo di mira una delle scuole italiane, si è voluto incrinare ancora la sicurezza collettiva di una comunità nazionale. Ecco perché, chiunque sia stato, non possiamo sentirci  “sollevati” anche se dovesse essere smentita la “pista mafiosa”. Perché l’atto in sé, per la scelta dell’obiettivo, dei tempi e delle modalità esecutive, fa pensare trattarsi, certamente e comunque, di un atto terroristico  con finalità destabilizzanti del senso di sicurezza dei cittadini. Qualcuno sta soffiando sul fuoco.
Secondo elemento:  il fuoco. Il clima che si respira nel Paese deve preoccuparci. Senza voler alimentare eccessivi allarmismi che rischiano di fare il gioco dei professionisti del terrore , non va sottovalutato il diffuso senso di insicurezza che si percepisce, a Nord come a Sud. Prevale nel cittadino medio un costante sentimento di precarietà, che è innanzitutto economica ed esistenziale, di incertezza per il proprio futuro. Se a questo dovesse aggiungersi un crescente senso di insicurezza pubblica, il clima di instabilità nel Paese rischia di montare in modo allarmante. Il risorgere del terrorismo politico, le nuove forme di degenerazione violenta della contestazione sociale, la montante intolleranza ostile al confronto democratico sono fattori potenziali che trovano il loro habitat  naturale nella situazione di incertezza del sistema, di cui sono ingredienti: la crisi economico-finanziaria nazionale ed europea, l’instabilità politico-istituzionale, la disaffezione dei cittadini verso le istituzioni, l’approssimarsi  di importanti scadenze elettorali e la conseguente fibrillazione nel mondo politico-istituzionale. Questi sono i combustibili che giacciono sul fondo del Paese. L’attentato di Brindisi, insieme agli altri fatti delittuosi degli ultimi mesi, apparentemente  del tutto scollegati fra loro, sembrano dimostrare che sono diversi gli attori ben consapevoli di questo contesto “esplosivo”, e pochi sono gli artificieri che vogliono disinnescare e i pompieri che vogliono spegnere il fuoco. Purtroppo, molti sono gli attori interessati ad appiccare l’incendio. Ecco perché bisogna tenere la guardia molto alta. Perché perfino il gesto  stragista di un fanatico può essere usato da altre menti più lucide, ma non meno criminali.
Terzo elemento: il Paese reale. C’è l’Italia che ha paura, una paura sociale ed economica. La paura di perdere il posto del lavoro e nel mondo dell’impresa. È la paura della precarietà. Di fronte alla quale i fomentatori della paura sono in agguato. È qui che covano le strategie collettive ed individuali, patologiche e criminali, per fomentare la paura, anche – perché no?- a colpi di bombe. L’Italia non è nuova a scenari del genere. Scenari apocalittici? Forse , ma è bene stare attenti. Coesi e vigili. Ma anche fiduciosi, perché c’è anche l’Italia del coraggio. L’Italia dei giovani che hanno manifestato ancora contro la mafia e la violenza. Pronti a scendere in piazza nel segno della solidarietà e per la legalità. Giovani forti ed innocenti come la povera Melissa, che diventerà il simbolo di questa Italia. La società perbene pronta a resistere e ad impegnarsi giorno per giorno per un futuro più libero.
Conclusioni: che fare? Perché la paura non diventi panico, perché l’Italia del coraggio prevalga sull’Italia della paura e dei fomentatori del terrore, occorre un rinnovato impegno delle istituzioni per dare fiducia e speranza. Dimostrando fermezza contro ogni forma di sistema criminale, quello della mafia e del terrore, ma anche quello della corruzione. Per conquistare sempre maggiore fiducia nelle istituzioni, per dare ancora più coraggio all’Italia del coraggio. Per preservare la democrazia.
Da L’Unità, lunedì 21 Maggio 2012

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