pistoletto

di Davide Orecchio
L’attentato alla scuola di Brindisi sabato e il terremoto padano domenica sembrano non avere nulla in comune a parte la quasi simultaneità e il nostro sgomento. Eppure una cosa in comune ce l’hanno e la mostrano con crudeltà: dall’aggressione di un mostro, o di un pazzo o di un mafioso e dal colpo d’artiglio di una natura selvaggia e indomabile esce ancora più prostrata la parte debole del nostro paese.

La parte debole e già senza pelle dell’Italia viene assassinata nei giorni tra il 19 e il 20 maggio, dopo 18 anni di strangolamenti berlusconiani e nell’era dell’asfissia da governo tecnico, un governo che per cultura e obiettivi si mostra del tutto insensibile alle ragioni dei deboli.

Questa non è retorica. Restiamo ai fatti. Sabato una bomba fa saltare in aria sei ragazze che stavano per entrare in un istituto professionale. Una di loro muore. Erano tutte donne, sono fatti. Ed è femminicidio: si può pronunciare questa parola? Erano ragazze che provavano a costruirsi una professione e credevano, forse ingenuamente, in un futuro di lavoro. Donne e lavoratrici: la parte debole.

Sabato, più a Nord, restano tra le macerie del terremoto quattro operai, quattro uomini il cui presente era un lavoro domenicale e di cantiere. Un lavoro fragile, inconsistente e a rischio come la loro stessa vita: desiderato e inseguito nel presente della sopravvivenza, di mutui e bollette da pagare, ma che non dà più soldi a sufficienza, né soddisfazione, e conduce in questo caso estremo alla morte. Le altre vittime: pensionate ottuagenarie e pluricentenarie. Ritorna la parte debole, che prova a vivere del proprio lavoro o ne ha vissuto e adesso cerca in un welfare, che si sgretola giorno dopo giorno e la ignora, i puntelli per vivere con dignità l’ultima fase dell’esistenza.

Sono fatti o voli pindarici? A me sembrano fatti. Questi eventi apparentemente casuali e in successione mostrano ai nostri occhi, come una poesia crudele o un copione riuscito, la realtà sociale, storica e politica del nostro paese, la cui parte debole e spellata è abbandonata a sé stessa. Siamo tutti noi, la parte debole. Passato il momento del lutto, verrà da parte nostra il momento di esigere la costituzione di una parte politica coesa e forte la cui unica, o preminente, ragione d’essere sia la difesa della maggioranza debole di questo paese, la maggioranza che vuole lavorare, ha lavorato o lavorerà. Che vuole vivere senza che un tetto le caschi addosso o un mostro l’aggredisca o perseguiti, o la mafia la minacci. Si cominci, ed è solo il primo passo, da una ricostruzione dei paesi colpiti dal sisma in cui lo Stato faccia la sua parte. Senza dannosi provvedimenti pseudoliberisti che nascondono, male, soltanto la fuga dalle proprie responsabilità.

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