di rassegna.it
Come scrive sul suo profilo Facebook il paesologo e scrittore Franco Arminio, “forse è la prima volta che nella storia del mondo c'è un terremoto che colpisce una sola classe sociale: il terremoto degli operai”. Le nuove scosse di terremoto che hanno colpito l’Emilia Romagna la mattina del 29 maggio lasciano vittime soprattutto nel mondo del lavoro, e alimentano polemiche sulla ripresa della produzione nei capannoni industriali dove, anche in seguito alle prime scosse del 20 maggio, la sicurezza non era garantita.
“C'è preoccupazione – ha commentato questa mattina Susanna Camusso -. Il fatto che sono di nuovo i lavoratori a lasciarci la vita mi fa pensare che non si è proceduto alla messa in sicurezza degli stabilimenti prima di far tornare le persone al lavoro”.
Alle preoccupazioni del segretario generale della Cgil si aggiunge l’elenco, purtroppo parziale e non definitivo, delle vittime e dei danni. Sarebbero almeno dieci gli operai morti al lavoro per i crolli in fabbrica e nei capannoni. E' quanto riporta l’agenzia Agi citando Antonio Mattioli, responsabile delle politiche industriali della Cgil Emilia Romagna. Al momento, secondo le verifiche del sindacato, ci sarebbero altri 20 lavoratori dispersi sotto le macerie tra Medolla, Cavezzo e San Felice sul Panaro.
E sono stati trovati nel pomeriggio i corpi senza vita di due dei tre operai dispersi nel crollo dell'azienda Haematronic di Medolla. Sotto le macerie erano rimaste tre persone, due di queste sono state trovate senza vita. Una terza vittima era stata individuata questa mattina. Si cerca ancora il quarto operaio.
“Le nuove scosse sismiche – batte sempre l’Agi – hanno seriamente danneggiato molte aziende, nel modenese, soprattutto nei settori del bio-medicale, alimentare e meccanico. Crolli si sono registrati negli stabilimenti delle società: Gambro, Arnes (Mirandola), Menu e Haemotronic (Medolla), Vam (Cavezzo), Arnes (Mirandola) e al caseificio razionale novese (tra i maggiori dell'Emilia Romagna)”. Fabbriche e capannoni crollati che si aggiungono all'elenco delle 1.780 aziende già ferme dopo il terremoto del 20 maggio per inagibilità. Alla Meta macchina di precisione di San Felice hanno perso la vita due operai stranieri, Mohamad Azaar e Kumar Pawan e un ingegnere italiano. Quattro dispersi sotto una fabbrica a Medolla, ricercati dai cani dei vigili del fuoco.
“Venerdì scorso – ricorda ancora Mattioli in una nota – abbiamo siglato l'accordo con la Regione per la copertura del reddito dei lavoratori coinvolti dal sisma e allo stesso tavolo regionale abbiamo posto il problema dell'edilizia industriale per la sicurezza dei lavoratori. In questi giorni ci sono state segnalate molte situazioni in cui la ripresa delle attività o anche solo il lavoro di recupero di materiali o macchinari avviene in condizioni non idonee a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori. L'evento sismico di stamattina ha ulteriormente aggravato la situazione”.
“L'eccezionalità non può mai prescindere dalla garanzia di operare in assoluta sicurezza”, osserva ancora Mattioli. “Per questo ricordiamo che la legislazione vigente permette al lavoratore di rifiutarsi di andare al lavoro se la sicurezza non è garantita. È scritto a chiare lettere nei due articoli 43 punto 4 e 44 punto 1 del Dlgs 81/2008 e successive modifiche. Questi due articoli consentono al lavoratore di astenersi dal riprendere l'attività lavorativa nel caso ne ravvisi la pericolosità senza con ciò incorrere in sanzioni disciplinari”.
“Inoltre – conclude Mattioli – nel caso di crollo di strutture costruite prima del 1992 (entrata in vigore legge sull'amianto), va prestata molta attenzione alla eventuale presenza di amianto, che subordina la rimozione delle macerie alla adozione di misure cautelari. In ogni caso è importante segnalare alle categorie e alle camere del lavoro eventuali situazioni di rischio o pericolo. La delicatezza e la drammaticità degli eventi impone intransigenza nella tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”.
Anche per la Fiom è “gravissimo che si sia ripreso a lavorare dopo il primo evento sismico senza aver verificato le condizioni di sicurezza degli edifici industriali e ben sapendo che le scosse sarebbero continuate”. “Per queste ragioni – afferma la segreteria nazionale dei metalmeccanici -, riteniamo indispensabile che la ripresa del lavoro avvenga solo quando, dopo le necessarie e opportune verifiche, si sia certi che i capannoni industriali siano in sicurezza. A tal fine chiediamo alle Istituzioni e alle imprese di garantire che la ripresa avvenga solo dopo accurati
controlli di sicurezza.”
Per quanto riguarda il solo settore agroalimentare, i danni quantificati dalla Coldiretti salgono ad almeno mezzo miliardo tra nuovi crolli e lesioni degli edifici rurali (case, stalle, fienili), di capannoni e stabilimenti di trasformazione, danni ai macchinari e un totale di circa un milione di forme di Parmigiano Reggiano e Grana Padano rovinate a terra dopo le ultime scosse che hanno provocato ulteriori crolli delle "scalere", le grandi scaffalature di stagionatura. Ma anche questo è, purtroppo, un bilancio provvisorio.