120609actadi Tonino Bucci
Non se ne è parlato per nulla, o quasi, in Italia. Non è così altrove. Quella di oggi è l'ultima delle giornate internazionali di mobilitazione contro Acta, l’accordo in difesa della proprietà intellettuale firmato il 26 gennaio a Tokio dai rappresentanti di quasi 40 stati e che al momento giace al Parlamento europeo in attesa del voto finale. In molte città europee si scenderà in strada per scongiurarne l'approvazione. La sigla, in inglese, sta per Anti-Counterfeiting Trade Agreement e con essa si intende un dispositivo giuridico che è il risultato di negoziati in corso dal 2008, per la maggior parte avvenuti a porte chiuse. L'obiettivo dichiarato dell'accordo è di uniformare le leggi esistenti nei diversi Stati contro la pirateria, la contraffazione e la diffusione di copie illegali dei beni immateriali. In realtà, Acta riguarda non soltanto la proprietà intellettuale dei contenuti digitali della rete, ma anche quella di brevetti, farmaci, vaccini e semenze agricole. Tanto basta, da parte dei critici, ad avanzare il dubbio che si tratti di un'invenzione giuridica a difesa degli interessi delle multinazionali.

Nel caso specifico della tutela della proprietà intellettuale in internet Acta – qualora fosse approvato dal parlamento Ue – prevederebbe un maggior potere delle singole autorità nazionali di controllo sulle telecomunicazioni (che in Italia, figuriamoci, sarebbe l'agcom). Non solo, anche i fornitori di servizi nella rete (i provider) avrebbero la facoltà di controllare il traffico di dati e le attività degli utenti di internet. Al momento Acta è stato sottoscritto anche da 22 dei 27 stati membri dell'Ue, ma il passaggio decisivo – come detto – è la ratifica o meno da parte del parlamento europeo e dei singoli paesi.
La Germania è tra i paesi dove oggi è previsto il maggior numero di manifestazioni. E , guarda caso, è anche il paese che, alle recenti elezioni nel Land del Nordrhein-Westfalen, ha visto l'affermazione del partito dei pirati con il 7,8 per cento dei consensi. Già nelle precedenti giornate di mobilitazione contro Acta sono scese in strada centinaia di migliaia di persone, nonostante la complessità di una materia che sembrerebbe appannaggio esclusivo dei giuristi. È solo uno dei sintomi della politicizzazione che oggi riguarda internet e la circolazione del sapere/informazione. Il web e la democrazia sono due temi, insomma, che nel dibattito pubblico in Germania vengono percepiti sempre più intrecciati l'uno con l'altro. La partita che si gioca sulla proprietà intellettuale dei contenuti digitali influirà sulla possibilità di utilizzare o meno internet come luogo di partecipazione dei cittadini alla politica. Sempre in Germania, una pubblicazione uscita in questi giorni a cura di due organizzazioni – iRights.info (che si occupa del diritto d'autore nel mondo digitale) e Wikimedia (che sostiene la libertà del sapere) – racconta nello specifico come è nato Acta, quali sono le critiche nei suoi confronti e quali conseguenze giuridiche comporterebbe in caso di approvazione. La lotta alla pirateria nasconde conflitti di interessi tra case discografiche, industria cinematografica, aziende di software, autori e fornitori di servizi su internet. A rendere problematica l'eventuale applicazione di Acta sarebbe anche l'incongruenza fra loro di norme e clausole che esso contiene, alcune delle quali escogitate palesemente a difesa di interessi particolari. E siccome l'oggetto dell'accordo non è solo il contrasto della circolazione di copie pirate di musica, film e software, ma anche la difesa dei brevetti di mercato, il risultato finale è un pacchetto caotico. Nel mirino non ci sono solo le merci contraffatte, ma anche i farmaci generici e i vaccini a basso costo, per esempio. Per dirne una, scatterebbero delle border measures (misure estreme, letteralmente) se anche soltanto un farmaco generico dovesse semplicemente transitare attraverso un paese che avesse sottoscritto Acta, indifferentemente se quel farmaco fosse diretto verso un paese terzo.
Acta, però, solleva questioni generali che vanno oltre i singoli contenuti dell'accordo. Internet può essere regolato in maniera democratica e trasparente? E se sì, chi decide le regole e come si applicano? La lotta alla pirateria rischia seriamente di collidere con i diritti individuali, con la tutela della privacy del singolo e con la libertà di espressione. In Germania si chiedono se andrà a finire come in Francia, dove già ora è possibile impedire agli utenti l'accesso a internet. O come in Gran Bretagna dove i provider, con la legge dalla propria, hanno il dovere di sorvegliare gli utenti della rete. E già si comincia a parlare di «privatizzazione» del diritto nel web per via del trasferimento ai fornitori di servizi nella rete dell'obbligo di controllare il traffico di dati. Ma oltre che la qualità della democrazia, è in gioco anche su quale idea di economia si punta per il futuro. Perché non è affatto detto, come affermano i sostenitori di Acta, che senza il potenziamento della proprietà intellettuale (leggi: brevetti e software) non vi sarebbero le condizioni per la crescita economica. Tutt'altro: «anche senza diritti di proprietà intellettuale ci sarebbe stimolo sufficiente a creare nuove opere e inventare nuovi dispositivi».

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