di Eleonora Cirant **
Le partecipanti al convegno su “consultorio e salute di genere” non sembrano per niente entusiaste all'idea che i consultori lombardi vengano trasformati in centri per la famiglia. Nella prospettiva della Regione Lombardia, infatti, i consultori dovranno diventare centri di supporto alle famiglie nell'“assolvimento dei propri compiti educativi sia di carattere sociale che socio-sanitario”. La proposta si fonda sull'analisi dell'invecchiamento della società e del lavoro di cura che sempre di più grava sulle famiglie in rapporto alle cosiddette “fragilità”: anziani, bambini, persone non autosufficienti. “Famiglie”, ovvero donne: anche se questa parola quasi non appare nei documenti istituzionali. La Regione intende “rinnovare la mission dei consultori” affinché “diventino veri centri della famiglia in grado di assicurare la presa in carico globale di tutte le problematiche che attengono le famiglie in senso lato” (cit. dgr. 937/2011, allegato 17). Lo spiega Aurelio Mosca, direttore del Dipartimento ASSI – ASL Milano, che riferisce i programmi in materia di consultori familiari lombardi all'uditorio presente in Sala Alessi, una delle sedi che il Comune di Milano utilizza e rende disponibile per dibattiti e convegni.
Qui si è svolta, l'11 maggio 2012, un'intera giornata dedicata ai consultori, organizzata dal Gruppo dei consultori privati laici della Lombardia come momento finale di un ciclo di incontri aperti alla cittadinanza, aperto a febbraio – e non a caso - con un dibattito su “salute e laicità”.
In Lombardia la matrice ciellina si ripercuote a tutti i livelli del sistema socio-sanitario, e i consultori sono un ottimo punto di osservazione da cui studiare il fenomeno.
Il sistema dell'accreditamento
Gli ultimi documenti in materia di consultori sembrano indicare il compimento di una linea di tendenza che va avanti da anni, in particolare dal 2001, cioè dall'entrata in vigore del sistema di accreditamento delle strutture private. Come funziona questo sistema? Con i “DRG” la Regione Lombardia fissa il costo di ogni prestazione, costo che viene rimborsato dall'Asl alle strutture pubbliche al pari di quelle private accreditate. L'utente finale paga il ticket, sia che si rivolga ad un servizio gestito privatamente (ad esempio il consultorio decanale) sia che si rivolga ad un servizio gestito direttamente dall'Asl (esempio il consultorio pubblico).
Le prestazioni si dividono in tariffabili e non tariffabili. Le prime sono rivolte a singoli utenti (es. la visita ginecologia o pediatrica), le seconde sono rivolte a gruppi di utenti (es. i corsi di educazione sessuale o i corsi prematrimoniali). Le seconde sono più “remunerative” delle prime.
Salute riproduttiva addio?
Il Dr. Mosca assicura che ridefinire “la mission dei consultori” e trasformarli in centri per la famiglia non comporterà una restrizione delle funzioni storicamente svolte dai consultori. L'analisi dei dati sulle attività del funzionamento dei consultori pubblici e privati accreditati della Lombardia raccolti dalla Regione sollecita però più di un dubbio. Osserviamo infatti una sproporzione tra le risorse investite nei consultori pubblici, che privilegiano i servizi riconducibili a salute sessuale e riproduttiva e alla procreazione responsabile, e le risorse investite nei consultori privati accreditati, che in Lombardia sono a maggioranza di matrice cattolica, e che privilegiano appunto l'area della coppia e della famiglia.
In base ai dati forniti da Regione Lombardia (non pubblicati), nel periodo 2004-2010 l'utenza dei consultori pubblici rimane stabile, con un leggero decremento (circa -11%), mentre l'utenza dei consultori privati accreditati è aumentata del 238% circa (erano circa 75000 nel 2004, arrivano a 179000 nel 2010)
Numero di utenti nel 2010: con circa 314.000 utenti del pubblico e 87.000 del privato, il numero complessivo di utenti del pubblico è 3,6 volte superiore a quello che si rivolge alle strutture private.
E la spesa? Viene investito meno del doppio per il pubblico rispetto al privato, con 15.812 euro spesi nel pubblico per prestazioni ogni 10.000 abitanti e 9.373 spesi nel privato.
Va detto che il pubblico dà molto spazio alle cosiddette funzioni tariffabili, mentre il privato sembra si stia “specializzando” in funzioni non tariffabili.
E' significativa l'analisi delle differenze tra le funzioni non tariffabili svolte dai pubblici e quelle svolte dai privati nel 2010. Ne scelgo 3, a titolo di esempio.
I pubblici hanno svolto 31 corsi sulla relazione di coppia. I privati ne hanno svolti 92 (il triplo!)
I pubblici hanno tenuto 224 corsi di contraccezione e procreazione responsabile, i privati 52 (4 volte meno!)
I corsi per la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili soni stati 195 nel pubblico e 27 nel privato (7 volte meno!).
Sembra abbastanza evidente che consultori pubblici e privati accreditati non offrono gli stessi servizi e non coprono gli stessi bisogni.
Ci chiediamo se e come la trasformazione dei consultori in centri per la famiglia possa venire incontri ai bisogni di salute riproduttiva, come ad esempio l'incidenza allarmante delle malattie a trasmissione sessuale tra le e gli adolescenti. Per non parlare delle interruzioni di gravidanza...
Obiezione di coscienza di struttura
Va detto infatti che i consultori pubblici e consultori privati laici in Lombardia (che ricevono denaro pubblico, non essendo per la maggioranza accreditati,) svolgono servizio pubblico, applicando la legge 405 in ogni sua parte, mentre i privati cattolici sono autorizzati a non applicarla per quanto attiene all'interruzione volontaria di gravidanza. Ricordiamo che in Lombardia i consultori privati possono presentare obiezione di coscienza di struttura.
La Giunta regionale ha assunto una deliberazione (DRG Deliberazione Regione Lombardia n. 2594 dell'11 dicembre 2000) nella quale, all'interno dei requisiti per l'autorizzazione al funzionamento dei consultori pubblici e privati (All'allegato 1 della DRG al punto 9), si scrive che
"in deroga a quanto stabilito dalla norme, i Consultori familiari privati possono escludere dalle prestazioni rese quelle previste per l'interruzione volontaria della gravidanza ivi comprese quelle connesse o dipendenti da dette prestazioni".
Un'operatrice di un consultorio accreditato (ha chiesto l'anonimato) dichiara che il servizio non fa “contraccezione”, ma “procreazione responsabile”. Di fatto in molti casi non sono prescritti i contraccettivi ormonali, il preservativo, la spirale. Non è prescritta la pillola del giorno dopo né redatto il documento per IVG.
Viceversa, con la rilevazione nazionale del 2010 sui consultori il Ministero della salute denuncia che la Lombardia non ha recepito le indicazioni del POMI (Progetto obiettivo materno infantile), una legge dello Stato che assegna un ruolo strategico centrale ai consultori familiari “nella promozione e tutela della salute della donna e dell'età evolutiva”, indicando anche linee progettuali strategiche: percorso nascita, adolescenti, prevenzione dei tumori femminili.
Che ne è della tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento, della maternità e della paternità responsabile, della procreazione responsabile in rispetto delle posizioni etiche, cioè dei punti fondamentali della legge 405 del 1975 che istituisce i consultori familiari?
La rete, il corpo. Salute di genere e maschilità.
Forse davvero i consultori appartengono a un'era passata, e oggi non ce n'è più bisogno. Le ragazze vanno in internet a cercarsi le informazioni per la contraccezione e per i mille dubbi sul sesso. Ci sono già i blog, i forum, facebook, per le ragazze come per le donne che non riescono a diventare madri, per quello che lo sono già e per quelle che lo stanno diventando.
Eppure… di informazioni siamo sommerse. Mancano invece relazioni affidabili e criteri di selezione dell'informazione. E' questo il valore aggiunto di un consultorio: che è fatto da persone che puoi incontrare in carne ed ossa. Perché siamo ancora corpo, in fin dei conti.
E a proposito di corpi, non può mancare un accenno alla “questione maschile”. Salute di genere non è solo salute delle donne, ma salute in rapporto alla propria specificità (anche sessuale). Se i decisori regionali sono distratti rispetto alla salute femminile, lo sono ancora di più verso la salute maschile. L'enfasi sulla famiglia non aiuta certo a migliorare la situazione... i rari uomini che si rivolgono all'andrologo del consultorio saranno ancora meno. E men che meno i padri, che i servizi cercando di attivare offrendo loro spazi di confronto e auto-muto aiuto.
La politica rispecchia la sensibilità generale. I siti dedicati alla salute riproduttiva hanno un target quasi esclusivamente femminile, sebbene sia nota la gravità dell'impatto delle MTS sulla fertilità maschile, e sebbene una gravidanza sia (quasi) sempre l'esito di un incontro tra uomo e donna, almeno per ora. Cercando in internet 'salute' e 'uomo', sono molti link che portano informazioni circa la lunghezza del pene, le disfunzioni erettili ed eiaculazione precoce. Nulla su contraccezione e MST. Qualche concessione al varicocele e alla prostata. Il resto è tutto fitness, colesterolo ecc. Della salute dell'apparato genitale maschile non interessa nient'altro a nessuno, neppure ai diretti interessati.
**Il contenuto di questo articolo riprende in parte il mio intervento al convegno “Consultori e salute di genere”, organizzato a Milano dal gruppo dei consultori privati laici della Lombardia, l'11 maggio 2012, di cui sono disponibili: report, le registrazioni audio e alcuni interventi scritti.