casini bersani

di Romina Velchi
E’ Casini che va a sinistra o è il Pd che va a destra? Quale che sia la risposta, una cosa è certa: il dado sembra ormai tratto, con buona pace della foto di Vasto.
Con un’intervista assai esplicita al Corriere della Sera di lunedì, il leader dell’Udc Casini ha di fatto rotto gli indugi, lanciando l’«asse progressisti-moderati» per il dopo Monti, concetto ribadito a margine della direzione dell’Udc che si è riunita ieri. Dove, naturalmente, i moderati sono loro e i progressisti i democratici. Contemporaneamente, Casini scarica il Pdl, per vari motivi che poi sono uno solo: le fibrillazioni interne al partito per il ritorno in campo di Berlusconi, il quale «è tornato a dare le carte e a spingere il Pdl verso la solita deriva del populismo». Non solo. Sostiene il leader Udc che se c’è un rischio di elezioni anticipate (una bestemmia, per lui), esso arriva «dal centrodestra, soprattutto. Una volta chiedono di uscire dall’euro, un’altra esprimono ogni sentimento possibile verso Monti. Sono ad un passo dalla confusione e non possono che far male al governo».
Bersani, al contrario, «è un interlocutore serio, non cambia idea tutti i giorni». E soprattutto anche lui la sua decisione l’ha già presa: che si voti in autunno o in primavera, l’accordo con l’Udc sarà strategico, soprattutto per sbarrare la strada a Grillo&Co. E infatti il leader del Pd ieri era tutto contento: l’apertura di Casini «è un passo importante, credo sia un'intervista che ha un significato politicamente di grande rilievo. Diventa sempre più evidente che il problema è costruire un patto tra le forze riformiste e democratico-costituzionali contro una destra risucchiata da tentazioni populistiche. E’ la logica delle cose».
In effetti è proprio la logica conseguenza dell’aver appoggiato il governo Monti e averne approvato tutti i provvedimenti: imboccata una strada è difficile tornare indietro. Non per caso, Casini insiste che il «patto per affrontare l’emergenza tra progressisti e moderati» «oggi si è realizzato con il governo tecnico, ma la strada è un governo politico per risollevare il paese e, in un rapporto tra le due famiglie del Ppe e Pse, arrivare agli Stati uniti Ue». Come si vede, un disegno strategico nel quale il Pd è dentro fino al collo.
Poi bisognerà vedere se veramente il disegno si concretizzerà. C’è infatti chi, come Osvaldo Napoli (vice presidente dei deputati Pdl), bolla il tutto come «pura e semplice fuffa: l’Udc rappresenta una piccola quota del mondo moderato, indossare il pennacchio in rappresentanza di tutti i moderati è a dir poco avventato», mentre «è partita la rincorsa del presidente Casini verso il Quirinale». Ma a ben vedere la mossa del leader Udc rigira il coltello soprattutto nella piaga del Pdl: non sfugge che le parole di Casini servono a seminare ancor più zizzania dentro il partito di Alfano e spingere i «tanti moderati del Pdl» a mollare Berlusconi per non restare «ininfluenti» nella prossima legislatura. Di qui le reazioni stizzite dei Matteoli, dei Cicchitto, dei Rotondi, delle Gelmini, che rischiano di trovarsi senza Berlusconi (attirato dalle sirene populiste e giovaniliste) e senza partito (sterminato dalle scissioni).
L’altra conseguenza è il definitivo sbiadire della foto di Vasto. La scelta del Pd, dentro il quale un’eventuale alleanza con Casini non trova più ostacoli, ormai è chiara e i commenti favorevoli a Casini si sprecano: tra i big del partito di Bersani è tutto un «bene, bravo, bis». Non c’è posto, insomma, per i toni barricaderi e soprattutto gli attacchi a Napolitano di Di Pietro. Quanto a Vendola, o si adegua o peggio per lui.
Idv e Sel, come ovvio, non l’hanno presa bene e a stretto giro rispondono di essere pronti ad andare alle elezioni per conto proprio. Addirittura, l’Idv minaccia di mettere a rischio le alleanze nelle giunte locali, dove Democratici, Sel e dipietristi governano insieme nell'86 per cento dei casi, mentre l'Udc è alleato del Pdl.
Anche per Sel la faccenda si complica. C’è chi dà per scontato che il governatore della Puglia si adeguerà accodandosi al Pd. Ma per fare cosa? Senza l’Idv Sel rischierebbe di contare meno di zero e di rimanere schiacciata tra il Pd e il resto della sinistra, comprese le liste civiche cui tutti lavorano, anche Bersani. Di qui la «forte delusione» per il «patto BC», soprattutto visto che, sottolinea Gennaro Migliore (responsabile comunicazione di Sel) «il Terzo Polo era ormai inoffensivo, ridimensionato finanche nella consistenza elettorale».

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