L. M Quando D’Alema dice che “Monti ha posizioni compatibili con il nostro orizzonte programmatico”, non dice nulla di nuovo. Il Pd, miscuglio mal riuscito di culture politiche non assimilabili, si nutre ormai di quel credo neoliberista che ci ha portato sull’orlo del baratro. Le forze alla sinistra dei democratici rappresentate in Parlamento da Di Pietro, fuori da Sel e Fds, provano(chi alla luce del sole, chi sottotraccia) a mantenere in piedi un’alleanza che dovrebbe portare, sondaggi alla mano, nelle agognate stanze di Palazzo Chigi.Senonché, mentre i teatranti della politica si limitano a parlare tra di loro, c’è un governo che sta facendo disastri e per questo viene osteggiato da una gran parte di italiani. Con il sostegno, a volte mascherato, a volte ben più esplicito, di tutto il Partito Democratico.
Certo, qualche malumore cova sotto le ceneri, ma non abbastanza da mettere a repentaglio la tenuta dell’esecutivo. Ecco, questo potrebbe essere già un primo motivo per il quale la sinistra dovrebbe puntare all’unità. L’opposizione sociale al governo è nulla, perché si ha la paura di allargare la frattura con il Pd impedendo future alleanze, specialmente ascoltando chi sostiene che è proprio dalla coalizione pro-Monti che dovrà sorgere il nuovo progetto per l’Italia. Il secondo motivo è più prettamente pragmatico. In un’alleanza con il Pd e forse l’Udc, quali profili programmatici potranno essere portati avanti? Difficilmente un solo tema di sinistra(lavoro, crescita sostenibile, antimilitarismo, diritti civili) verrebbe preso in considerazione, specialmente se Bersani dovesse ricevere dalle primarie una nuova forte legittimazione.
Poi c’è la convinzione che una coalizione a doppia cifra possa essere utile per superare la subalternità nei confronti dei democratici, ritrovando l’orgoglio di far parte di una comunità in grado di far da sola. Oltretutto, Fds e Sel dicono da tempo le stesse cose, e con l’Idv si ritrovano nelle stesse piazze. Si potrebbe coinvolgere la società civile, l’esperienza dei sindaci, Alba, la Fiom, il movimento No Tav, gli studenti e questo avrebbe una gran peso nel limitare Beppe Grillo, contendendogli la percezione di movimento dell’alternativa, che oggi lui incarna pienamente. Addirittura, in questo modo, lo si potrebbe spingere a destra, ad occupare ben altro spazio politico.
Con una sinistra unita, capace di organizzare mobilitazioni rilevanti e imponenti, si incalzerebbe la Cgil immobile sotto i diktat del Pd, e di questo partito si potrebbe allettare la stessa sinistra, quella, per intenderci, rappresentata da Fassina. Sotto il profilo comunicativo, da un lato è necessario, nel rapporto con l’opinione pubblica, svecchiare linguaggi e personaggi. Dall’altro, rispetto ai media, una forza a due cifre non potrebbe certo essere oscurata, e sui nuovi media si potrebbe fare concorrenza persino al Movimento 5 Stelle: Vendola, De Magistris e Di Pietro sono da anni tra i migliori utilizzatori dei social network.
Dalla non subalternità al Pd scaturirebbe una non subalternità al racconto della realtà del partito di Repubblica(dei Fazio e dei Saviano), la cui deriva liberista-montiana non conosce sosta. La sinistra ha bisogno di una nuova narrazione, di trovare le parole d’ordine senza complessi di inferiorità nei confronti del blocco di potere Dalemiano-debenedettiano. In questo senso, il Manifesto e Pubblico potrebbero fungere da luoghi di dibattito, considerata la scelta del Fatto di stare con Beppe Grillo. Ma, d’altra parte, quando mai Travaglio è stato di sinistra? La straordinaria campagna elettorale per il referendum ha dimostrato che quando si trova il linguaggio giusto, si possono ottenere anche risultati insperati. In Italia non ci sono venti milioni di anti-liberisti, ma in venti milioni hanno votato contro il liberismo. E pescare nel 50 per cento di indecisi, potrebbe riservare piacevoli sorprese.
Inoltre, il vantaggio competitivo di partire immediatamente, lasciando ai partiti di governo l’onere delle lacrime e del sangue, verrebbe certamente premiato. Infine, una cosa che mi sta molto a cuore. Una forza al 15-20 per cento farebbe entrare un pò di soldi nelle esauste casse dei partiti. Si, soldi pubblici, con i quali dare fiato alle sezioni per fare politica, dare la possibilità anche a chi ha di meno di mobilitarsi , ritornare a organizzare feste popolari. Dobbiamo avere la forza di rivendicare i costi della politica come strumento di democrazia, contro le grida-oramai maggioritarie- del grillismo. Dobbiamo provare ad andare contro il paradosso: essere fuori dal Parlamento, essere visti come parte della casta. Per questo serve entusiasmo, e servono numeri. La sinistra ha bisogno di unità. E di un leader: Maurizio Landini.
da Articolotre.com