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di Francesco Piccioni
Lo squillo delle trombe dopo la riunione di Bruxelles stordisce anche coloro che vogliono rimanere lucidi. C'è riuscita Anna Maria Merlo che su questo giornale ha smantellato criticamente pezzi importanti dell'accordo. Aggiungo solo quanto segue. Il fondo salva stati Efsf è formalmente dotato di 500 miliardi di euro; non tutti sono però disponibili.
Di questi, 100 sono stati impegnati per il salvataggio delle banche spagnole. I 400 miliardi restanti dovrebbero finanziare altre banche in crisi e, inoltre, permettere agli Stati di attingervi per rifinanziare il proprio debito pubblico.
Ma 400 miliardi sono pochissimi rispetto alle crescenti esigenze di rifinanziamento. Basti pensare all'aggravarsi della crisi in Grecia, che richiederà fra poco un terzo salvataggio; o all'analoga situazione in Spagna. Poi c'è la scadenza irlandese, che fra qualche mese dovrà rinnovare il proprio debito.
Tutto ciò senza considerare l'Italia. 400 miliardi di euro non bastano e il fondo dovrà essere aumentato. Quest'ultimo aspetto vanifica però la conclamata innovazione consistente nel non addebitare agli Stati l'utilizzo dei fondi Efsf. Ogni aumento delle dotazioni del Fondo verrà infatti ascritto al bilancio degli Stati stessi, preposti appunto a stanziare le nuove somme.
Pertanto, sul piano economico, si sono verificate grosse illusioni ottiche; ma sul piano politico il successo della riunione di Bruxelles è stato pressochè totale. Il più importante non riguarda l'Efsf bensì le misure sullo sviluppo, demolite dalla Merlo nel suo pezzo.
La riunione di Bruxelles ha permesso ad Hollande di dichiarare di aver raggiunto l'obiettivo di un accordo sulla crescita. Ora, come riportato dalla stampa francese, egli si propone di far approvare dall'Assemblea Nazionale il patto fiscale europeo senza la clausola sull'obbligo costituionale al pareggio di bilancio. Ma la strada per l'austerità a tutto campo, su tutti i campi, è ormai completamente libera.
Così Merkel può far finta di aver perso, Hollande di aver vinto; e permettere all'Italia una nuova ondata di tagli e licenziamenti chiamandoli spending review.
da Il Manifesto, 4 Luglio 2012

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