di Massimo Giannetti

«Mi gioco tutto», ha detto l'altra sera Beppe Grillo alla chiusura del suo tour elettorale siciliano durato 20 giorni: «Prima del mio arrivo ci davano all'8%, adesso penso che potremmo arrivare al 15. Il 15% significa che a livello nazionale possiamo arrivare al 30». Le elezioni regionali di oggi in Sicilia vanno dunque oltre lo Stretto: sono un test importantissimo anche per il capo del Movimento 5 Stelle, le cui proiezioni statistiche del voto siciliano nel resto d'Italia non sono per niente campate per aria. Il risultato vero che uscirà lunedì dalle urne farà la differenza. Di Grillo e del grillismo parliamo con Salvatore Lupo, ordinario di Storia contemporanea all'università di Palermo.

E' autore, tra l'altro, del libro Partito e antipartito (Donzelli editore), un'analisi molto interessante sull'antipolitica italiana dal fascismo ai giorni nostri.

Professor Lupo, quella appena finita è stata una campagna elettorale lunghissima, velenosissima, fatte di tante strane e nuove alleanze, di presunti accordi sotterranei, di guerre intestine nel Pdl in disfacimento e che potrebbe determinare anche un fortissimo astensionismo. Insomma è stata molto caotica. Tra l'altro, i siciliani tornano a votare per la seconda volta in otto anni anticipatamente dopo le dimissioni forzate di Raffaele Lombardo - esattamente come era al suo predecessore Totò Cuffato, poi finito in carcere - perchè sotto processo per fatti di mafia. Cosa sta succedendo in Sicilia dal punto di vista politico?
Intanto accade che abbiamo la prima elezione in cui non c'è in pole position un ex democristiano. Il che dimostra la crisi di un sistema ventennale che si è basato sul riciclaggio di spezzoni della vecchia Democrazia cristiana. È dunque un grande passaggio. Certo, questo passaggio si svolge nella confusione, nei sospetti reciproci, e in mancanza di veri movimenti o di partiti nuovi e con una estrema personalizzazione della competizione.

Però in questa confusione è sbarcato Grillo, il cui movimento è accreditato come futura prima forza elettorale della Sicilia. Che effetto può avere nella politica storicamente immobile siciliana?
Quello di Grillo non è l'unico sbarco avvenuto in Sicilia. A parte quelli storici, ricordo che una volta sbarcarono i radicali a Catania, Pannella, Bonino e altri. Presero un albergo, stettero una quindicina di giorni, raccolsero una barca di voti, furono eletti in consiglio comunale, poi si dimisero. Se ne tornarono a casa perché, ovviamente, non potevano restare in trasferta per chissà quanto tempo. Lasciarono così il loro posto in consiglio comunale ad altri, che successivamente aderirono a un gruppo consiliare preesistente. Sei mesi dopo fu come se non fosse successo niente. Questo piccolo precedente rischia ora di riproporsi su ben più vasta scala: la gente non sa per chi votare e voterà per il Movimento 5 Stelle, che sarà anche composta da eccellenti persone, ma nessuno lo sa, nessuno sa chi sono i candidati. Grillo tornerà a casa sua e già ci si chiede a chi si "venderanno" i futuri deputati grillini.

Detta così, non è una grande prospettiva, sembra piuttosto una farsa...
È quella che io definisco la nuova politica, che però è cominciata venti anni fa con l'avvento di Berlusconi. È la stessa identica cosa che però ha la pretesa di ripetere sempre le stesse cose e presentarsi sempre come nuova. I movimenti polemizzano contro la partitocrazia, poi diventano partiti; quando stanno fuori dalle istituzioni sono credibili, appena stanno dentro non lo sono più ma per logiche interne. Visto che la polemica non viene fatta sui contenuti ma sull'essere partiti o no, evidentemente non basta che il Movimento 5 Stelle si definisca movimento e, appunto, non partito. È successo con l'Italia dei valori, che si definisce movimento e non partito, è successo prima ancora con Forza Italia, che diceva che non si sarebbe mai definita partito. Quindi tutti questi proclami sono espedienti per cercare di mettere insieme capre e cavoli. Quando questi movimenti poi si trovano dentro le istituzioni, le sparate demagogiche sulla casta non funzioneranno più. Infatti, i grillini si sono dovuti inventare che rinunceranno ai loro emolumenti, che restituiranno indietro i soldi.

Volevo che arrivasse proprio qui. L'altra sera in uno dei tanti comizi tenuti in Sicilia, Beppe Grillo ha detto di aver portato i suoi candidati all'Assemblea regionale da un notaio inducendoli a firmare un impegno in base al quale, se saranno eletti, restituiranno alla Regione 17 dei 20 mila euro previsti che guadagnano i deputati siciliani. Sembra essere passati dalla democrazia parlamentare alla repubblica notarile...
Anche Berlusconi fece un contratto con gli italiani, se ricorda bene, lo fece addirittura in televisione. Se Grillo veramente volesse poi pretendere l'attuazione di questo patto, potrebbe essere incriminato per attentato agli organi costituzionali, perché il rappresentante del popolo deve fare il rappresentante del popolo, non obbedire ai suoi ordini. Nel movimento di Grillo, per statuto, questo conducator, questo leader maximo, ha poteri padronali. Così come nell'Italia dei valori ce li ha Di Pietro, e come li aveva Berlusconi in Forza Italia. Dunque i criteri della nuova politica sono peggiori della vecchia politica. Non portano da nessuna parte. Questa forma di estremismo pseudo rivoluzionario è antitetica al buon governo del paese perché le soluzioni proposte sono sempre peggiorative. Il grillismo, in sintesi, è l'espressione dell'estrema debolezza del tessuto ideale di questo paese.

Ma dentro al movimento di Grillo tutto si può dire tranne però che siano tutti ingenui o tutti qualunquisti.
Il fatto che dentro al movimento di Grillo ci siano sicuramente un sacco di persone in ottima fede e con ottimi ideali democratici, dimostra la gravità della situazione. Che senso hanno tutti questi discorsi sulla rottamazione ? Dove si è mai visto, in quale paese al mondo, che la vita politica sia a termine, che uno non possa farla dopo i sessantanni o non possa svolgerla per più di due legislature? È risibile e penso che bisognerebbe fare molta più attenzione a dare seguito a questi impulsi populisti e demagogici, anche perché leggo che queste sono ormai regole recepite anche nel Pd, che ora si deve attrezzare per praticarle.

Ma questo movimento, molto composito dal punto di vista generazionale e per sensibilità su diversi temi sociali, alcune peraltro condivisibili, potrebbe avere un'evoluzione democratica?
Mi pone questioni serie alle quali però non so dare molte risposte. Se si sostiene che questo movimento potrebbe provocare un risveglio della coscienza democratica, io rispondo può darsi. Capisco che molte persone per bene, nella loro esasperazione possano essere indotte a schierarsi sotto questa bandiera. Vorrei però ricordare che questo è stato detto anche per la Lega, ma dare mano libera alla Lega voleva però dire separatismo, persecuzione degli stranieri e altre schifezze di questo genere.

Insomma, non c'è scampo?
La situazione è tragica fino a un certo punto: io penso che bisogna cambiare: bisogna cioè creare dei movimenti politici nuovi. E non puntare ad avere un comico al potere.

 

da il manifesto

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