di Giuseppe Carroccia
Nella piazza centrale del Decimo municipio di Roma, la piazza Don Bosco teatro di tante manifestazioni degli inquilini degli enti previdenziali, abitanti il colonnato che riproduce in periferia quello di San Pietro (immortalato perciò da Fellini nella Dolce Vita) e oggi ribattezzata piazza Welby in onore del simbolo della lotta per l’eutanasia, i comunisti di Cinecittà hanno piazzato una tenda rossa e organizzato una tre giorni di festa e di dibattiti. Si possono acquistare i prodotti che i Gap del territorio organizzano ogni sabato in quattro punti del municipio e sostenere fattivamente le popolazioni emiliane colpite dal terremoto acquistando pezzi di parmigiano.
E proprio da Reggio Emilia è venuto ad aprire la festa e la raccolta delle firme sui referendum sul lavoro, Gianni Rinaldini, coordinatore nazionale de La Cgil che vogliamo.
Con lui Roberta Turi segretaria di Roma sud e neoeletta nella segreteria nazionale Fiom che ha aperto la discussione iniziata con ritardo per problemi ai gruppi elettrogeni(molto soviet poca elettricità), portando la buona notizia della vittoria in appello contro la Fiat di Marchionne degli operai di Pomigliano che saranno reintegrati al posto di lavoro, compresa quella operaia monoreddito, madre di tre figli che rifiutò di stracciare la tessera della Fiom e per questo non venne riassunta: simbolo della forza e della dignità operaia che a testa alta potrà varcare nuovamente i cancelli della sua fabbrica.
Rinaldini nella introduzione ha illustrato l’importanza di questa campagna referendaria per reintrodurre l’articolo 18 e abrogare l’articolo 8 soffermandosi in modo particolare su quest’ultimo e sulle conseguenze devastanti per le sorti del contratto collettivo del dispositivo che il governo Berlusconi introdusse sottodettatura di Marchionne e della lettera della Bce.
Giuseppe Casafina, rsu Contact, ha spiegato come le aziende stanno cercando di avere un controllo totale sulle operazioni cronometriche che svolgono i lavoratori, in fabbrica come nei callcenter, usando proprio le possibilità contenute nell’articolo 8 in materia di uso dei mezzi audiovisivi per spiare i lavoratori.
Sandro Giuliani, capotreno licenziato da Trenitalia perché si batteva in difesa della sicurezza, ha testimoniato dell’importanza di difendere l’articolo 18 e ha anche ricordato come l’ultimo contratto dei ferrovieri aumenta l’orario di lavoro, elimina le pause e il turno collettivo e già applica l’articolo 8 che consente al gruppo fs di andare in deroga al contratto delle attività ferroviarie.
Massimo Corridori, rsu Cinecittà Studios, protagonista della straordinaria occupazione con 90 giorni di sciopero consecutivi ha lamentato l’incapacità delle organizzazioni sindacali di usare questa straordinaria mobilitazione per ottenere risultati significativi e ha chiesto alle forze politiche della sinistra di mettere da parte le divisioni e unirsi per contrastare l’attacco di Abete e company.
Infine Alessandro di Cinecittà Bene Comune ha valorizzato l’esperienza di un municipio in cui si cerca di connettere le lotte dei lavoratori con quella dei cittadini contro le privatizzazioni e la speculazione ricordando la prima esperienza di sciopero municipale con corteo tenutosi agli inizi di ottobre e conclusosi simbolicamente davanti agli edifici della ex Atesia che sta delocalizzando la produzione.
RInaldini nelle conclusioni ha spiegato la natura di questa crisi e come il dramma della disoccupazione pone i lavoratori sotto un ricatto pesante. Si può uscire a sinistra, ma c’è il rischio come nel 29 dell’affermarsi di posizioni fasciste e della guerra. Il sindacato deve ripensare la propria funzione e organizzazione perché a differenza del passato non c’è più un campo avversario del liberismo capitalista e il movimento operaio organizzato si è indebolito. Esprime preoccupazione per l’atteggiamento indeciso della cgil che subisce l’egemonia della cisl e che non deve firmare l’accordo trappola predisposto da monti e fornero sulla produttività.
Questo rende urgente nei prossimi giorni che le forze della sinistra si uniscano su pochi qualificanti punti programmatici che rimettano al centro le questioni del lavoro e dello stato sociale.
Mentre si allungava la fila per firmare i referendum tra i tavoli pieni di cittadini che approfittavano della bella serata dell’ottobre romano per cenare all’aria aperta, si annunciavano le iniziative dei prossimi giorni tra le quali sabato il dibattito per illustrare i 54 punti del programma Fds per il comune di Roma e il programma del municipio con il portavoce Fabio Alberti e domenica sulle vicende regionali con il consigliere Fabio Nobile.
Visto da questa piazza il lavoro comune di questi tre anni della Federazione della Sinistra ha prodotto una unità dal basso che sarebbe irresponsabile disperdere.
Ci sarà infatti bisogno della massima forza e unità per battere la strategia padronale che mette in concorrenza i lavoratori uno contro l’altro e ha fatto dire qualche giorno fa in televisione a un operaio dell’Ilva che protestava contro la sentenza della magistratura “Noi siamo in guerra. Non siamo operai, siamo soldati”.
Se non spieghiamo bene dove è il nemico e da quale parte della barricata bisogna stare rischiamo che ci spariamo addosso tra noi lavoratori.
Questi referendum aiutano a capire la realtà e, come ci insegna il Novecento, secolo del movimento operaio, indicano che prima di tutto bisogna lottare uniti per la pace e il lavoro.