di Marco Berlinguer
Con l'esplosione in Sicilia del movimento 5 stelle, la metamorfosi politica italiana ha un nuovo vettore: un nuovo contenitore per darsi forma. Il movimento 5 stelle ha funzionato come la breccia in una diga: ha aperto un canale, sia pure parziale, di sbocco al deterioramento di rapporti tra società e partiti e alla confusa ricerca di cambiamento che attraversa il paese. Il movimento di Grillo rimane un animale strano, difficile da classificare. Un ircocervo della politica. E anche per questo prende voti da sinistra, da destra e dall'astensionismo.
Ma più di tutto si alimenta di passioni, regole e mitologie democratiche. L’aspetto forse più radicale è che punta a eliminare la stessa idea di classe dirigente: quei residui elitari propri della democrazia rappresentativa, che appaiono oggi a molti semplici meccanismi di controllo e riproduzione del potere e fonte degenerata e degenerativa di privilegi.
Ma mentre promette e ricerca forme iperdemocratiche, nello stesso tempo, questo movimento dipende in modo determinante e simbiotico dal suo leader: un leader anomalo, informale, a tratti autocratico, comunque molto ingombrante. Grillo è per il movimento una sorta di «dittatore benevolente». A la maniera di altre comunità informali nate nella rete, al momento questa è la chiave di volta che tiene insieme una comunità eterogenea, priva di regole e di forti vincoli interni.
Le regole annunciate da Grillo ieri per la selezione online dei candidati alle prossime elezioni nazionali, mostrano ancora una volta questa tensione. Per un verso sono un'ardita innovazione, l'apertura a nuove, sperimentali, più radicali forme democratiche, rese possibili dalle nuove tecnologie (che gli altri partiti neppure si sognano di prendere in considerazione). Ma c'è anche la fissazione di argini e limiti. Di fatto la platea dei potenziali candidati è chiusa alle persone che già si sono candidate a livello locale per il movimento (e non sono state elette). È una barriera artificiale, che evidentemente mira a ridurre l'esplosione di complessità e conflittualità interne al movimento, sacrificando però meccanismi più aperti e democratici. Ma soprattutto una volta ancora, le regole sono fissate dall'alto, da Grillo: senza discussioni, senza partecipazione, senza decisioni condivise. Per adesso il movimento brucia queste tensioni interne grazie all'essere in fase nascente. Promuove persone comuni e non compromesse.
Genera al suo interno energie nuove e positive. Ma nel medio periodo lo aspettano prove di maturità, complessità, coesione e conflittualità interne, di definizione della propria identità e di assunzione di responsabilità, rispetto alle quali si può dubitare che se la caverà con il suo attuale «non statuto».
Il caso siciliano si presta già ad essere un laboratorio interessante. Il movimento 5 stelle è il primo partito in un'assemblea regionale priva di maggioranza. Che partita giocherà?
Possiamo escludere che possa stringere patti organici. Significherebbe rinunciare a un suo principio –il movimento non si allea con i partiti - e ad una delle sue forze: è attrattivo anche perché indeterminato partiticamente.
Rimane il fatto che dovrà tenere insieme insieme due sue anime e forze: una più pragmatica e «politica», orientata a raggiungere risultati concreti, qui ed ora; l'altra più intransigente e «ideologica» che promette cambiamenti radicali e rifugge da compromessi.
Ci potrebbe essere la tentazione del «tanto peggio, tanto meglio». Ci potrebbe essere la strada dello stare alla finestra, e giocare di rimessa, concentrandosi sui propri terreni più forti. Infine, potrebbe giocare una partita più ambiziosa: cogliere l'opportunità di un governo senza maggioranza, per imprimere un cambiamento nel governo della regione, per evitare alla Sicilia un pericoloso ritorno al passato, per incidere efficacemente e rinnovare agenda e forme della politica.
da Pubblico