di Norma Rangeri

È tornata la sceneggiata. Del perseguitato dai magistrati, del complotto internazionale, del liberale con le mani legate dalla Costituzione, che non lo ha fatto governare, delle promesse che si ripetono e non sono state mai mantenute. L'immagine televisiva è come un tuffo nel passato: sempre carico di trucco pesante, la solita Rete4 al suo servizio, la telecamera fissa, gli applausi della claque. In più c'è lo «scudiero» anti-magistrati, l'avvocato Ghedini. Silvio Berlusconi ieri ha confermato il passo indietro (non si candida a palazzo Chigi né alle primarie) per farne due avanti: uno contro Monti al quale minaccia di ritirare subito la fiducia, e l'altro per contenere lo sfascio del suo schieramento.

Ma proprio per questo fa pensare che tutto quello che ha detto e fatto in questi ultimi giorni, sia stato pianificato: Berlusconi ha sempre avuto grande senso dello spettacolo, capacità comunicativa, voglia di protagonismo, lasciando poco o nulla al caso. E non si è smentito.
Nella conferenza stampa convocata ancora una volta per difendere i suoi interessi (il Cavaliere sa bene di non potersi ricandidare alla guida del governo dopo aver portato l'Italia allo sfascio), Berlusconi ha detto in sostanza che sarà lui l'uomo-guida della campagna elettorale del Pdl, cosa che ha sempre saputo fare grazie ai mezzi - soprattutto le tv - avuti a disposizione. Essendo l'unico leader del centrodestra in grado di tenere insieme una squadra allo sbando, ha scelto dunque di esserne l'allenatore, non per vincere, ma almeno per evitare una totale disfatta.
Nel lungo comizio televisivo, dettato da un sentimento di vendetta per la recente sentenza di condanna per frode fiscale (e presto arriverà il giudizio per l'ignobile bunga-bunga nei suoi harem grazie alle Minetti e company), l'immarcescibile ha inanellato una sequela di minacce: contro la Germania di Angela Merkel, contro il suo alleato Monti, contro «gli studiosi del Quirinale che aggrediscono» i disegni di legge dell'esecutivo, contro la Consulta in mano alla sinistra, in un interminabile refrain berlusconiano. Un dejà-vu visto tante volte e perciò noioso, patetico, poco credibile. Assisteremo ad una campagna elettorale segnata da un Berlusconi disperato, incattivito, minaccioso. Proprio lui che dal 1994 a oggi ha visto decuplicare le sue ricchezze, si permette di parlare di «regime di polizia tributaria», tornando a declinare il suo vecchio e fasullo programma (niente tassa sulla casa, stretta sulle intercettazioni, tornare a pagare in contanti senza limiti), e a mentire senza vergogna («non mi sono mai occupato delle mie tv», «non ho toccato Ruby nemmeno con un dito»). Ha giocato, ovviamente, l'arma propagandistica del populista antieuropeista, accusando il governo tecnico di aver obbedito alle indicazioni della Germania «al cento per cento» e di non aver mantenuto la promessa di cambiare la Costituzione.
Questo annuncio di ritorno sulla scena elettorale farà la felicità dei giornali e dei media (nel male, Berlusconi fa sempre notizia), e soprattutto dei suoi amici nelle televisioni. Non a caso il fedele Vespa è stato citato durante la conferenza stampa per far sapere in diretta di essere «disponibile a un invito». La crisi del Pdl dev'essere proprio all'ultimo stadio se perfino con i salottini tv più sicuri il cavaliere è costretto a chiedere ospitalità.

 

da il manifesto

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