di Giacomo Russo Spena

Sulla figura di Antonio Di Pietro bisogna scindere il discorso su due piani: le sue battaglie e posizioni politiche da un lato, il modo di gestire il partito dall'altro. Report - come ha ammesso lui stesso - gli ha dato il colpo di grazia. Ma, pur essendo uscito sempre pulito dai processi che lo vedevano imputato, alcune "macchie" sul Tonino nazionale sono indelebili. Da anni Di Pietro porta avanti una gestione dell'Idv a dir poco avventata, familistica e clientelare. I casi dei deputati Razzi e Scilipoti o la questione nel Lazio di Maruccio sono emblematici.

Non tanto "mele marce" - come ci vorrebbe far credere - ma la persistenza nel partito di una classe dirigente poco meritocratica. Nel partito dell'anticasta, infatti, democrazia e trasparenza interna sono un'utopia, congressi pilotati, tesseramenti farsa, presenza di riciclati democristiani e gestione familistica sono la dura realtà.

Il rinnovamento annunciato nel 2008 è finito con le fughe di Luigi De Magistris, Sonia Alfano e Giulio Cavalli. Di Pietro ha preferito circondarsi di fedelissimi e yesmen. Così mentre negli anni l'Idv picconava il berlusconismo e il Cavaliere, dall'altra avallava meccanismi interni simili. Su questo Antonio Di Pietro ha gravissime responsabilità, a prescindere dalle case che realmente ha acquistato: ha predicato bene ma razzolato male. Malissimo.

Altro, invece, è il piano politico, dove - a parte qualche scivolone giustizialista e populista - ha avuto nel tempo il coraggio di fare "opposizione". Di schierarsi prima contro Berlusconi e poi dopo contro Monti e, soprattutto, il presidente Napolitano. Un "non allineato", che ha investito sui referendum su acqua pubblica e nucleare e contro le leggi ad personam, difeso e sostenuto la Fiom nel suo contrasto al marchionnismo. Questo è il personaggio di Di Pietro.

E ora? Le critiche di Massimo Donadi sono del tutto strumentali: è stato per anni un colonnello di Tonino e l'ha difeso in toto quando in passato veniva denunciata la mala gestione nel partito. Adesso Donadi utilizza questo elemento per fare durissima opposizione, chiedendo a gran voce un'assemblea straordinaria e minacciando la scissione: "Con Di Pietro ho rotto definitivamente. Da politico navigato ha chiuso un'operazione sulla pelle dell'Idv". Per poi paragonarlo al nemico di sempre, al padrone Silvio Berlusconi.

La realtà è un'altra. E riguarda le scelte politiche. Donadi è intenzionato a confluire nel centrosinistra e quasi sicuramente lui e i suoi fedeli approderanno nel prossimo parlamento nelle liste del Pd, come "indipendenti".

Di Pietro? Da bravo non allineato continua per la sua strada solitaria: l'idea anche di sciogliere il partito. Di una lista civica nazionale pro-Fiom, aperta ai movimenti. Alternativa al montismo. Scelta difficile, ardua. Vista soprattutto la decisione di Maurizio Landini di "saltare un giro" a questa tornata elettorale. Rimane Beppe Grillo - che lo vorrebbe strumentalmente al Quirinale per "mangiarsi" gli elettori Idv - vecchia fiamma di Tonino.

Chissà. E' la fine di un personaggio pubblico, al pari di Berlusconi? E' il termine del personalismo in politica? Non credo. Di Pietro ha sette vite come i gatti e sono convinto che sarà capace di regalarci qualche altra sorpresa. Chiuso il capitolo Idv. Magari dando il suo contributo alla costruzione di un soggetto di alternativa - a sinistra del Pd e ostile all'idea di un Monti-bis - con il sostegno dall'attuale sindaco di Napoli Luigi De Magistris.

 

da L'Huffington Post

 

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